Stromae: finestre su mondi di persone e suoni
Note sparse Nove anni di silenzio e ora il ritorno con «Multitude», la poetica si mescola con l’afrobeat e gli chansonnier
Note sparse Nove anni di silenzio e ora il ritorno con «Multitude», la poetica si mescola con l’afrobeat e gli chansonnier
Nove anni di silenzio nel mondo della pop music equivalgono a un’era geologica, e il rischio di essere dimenticati è appena dietro l’angolo. Un rischio che non corre Stromae, assentatosi nove anni fa dopo il successo da quasi nove milioni di copie vendute di Racine e di ritorno solo oggi con Multitude – terzo album di una parca discografia (il primo lavoro da studio, Cheese è del 2010) che lo conferma come talento unico. Uno straordinario narratore che – come spiega lo stesso titolo che prende ispirazione da una poesia di Walt Whitman – non si è stancato di raccontare storie, misurarsi con ambienti diversi e analizzare se stesso, senza fare sconti.
IL PERIODO da Racine ad oggi è stato infatti segnato da difficoltà, sofferenze fisico psichiche ma anche da una paternità vissuta totalmente e idee creative che l’hanno portato a misurarsi nel campo della regia – videoclip per Billie Eilish e Dua Lipa – e in quello della moda. Multitude, dodici brani, è un passo avanti rispetto ai precedenti lavori dove la sua poetica si mescolava con hip hop e la dance. Qui ci si misura con sonorità che inglobano sonorità africane, orchestre sinfoniche e la tradizione degli chansonnier francesi che il 36enne cantante belga padroneggia con eleganza. Precisione ed estrema sintesi – il brano più lungo dura 3 minuti e 15 secondi – per trame sonore complesse ma rese accattivanti da un gusto innato per melodia: l’afrobeat di Invaincu e lo xilofono in C’est Aque Du Bonheur fino ad arrivare alla curiosa mescolanza di un quartetto d’archi e glitch che riempe di mistero Fils de Joie.
LE LIRICHE testimoniano la curiosità di Stromae, introspezione assoluta in L’enfer dove si mette a nudo e parla della depressione dopo la malattia: «Ho pensato al suicidio e non ne vado fiero, qualche volta ho pensato che fosse l’unico modo per far tacere quelle voci dentro la mia testa. Tutti questi pensieri mi hanno fatto attraversare l’inferno». Dal buio della mente alla rinascita di Invaincu, il ritorno alla vita: «Non ho vinto la guerra, sì ho pagato il prezzo, ho difficoltà a scriverlo ed è difficile da dire. Mi hai anche indebolito, maledetta malattia, finché sono vivo non smetterò di combattere».
NON DI SOLE crisi personali parla il disco, c’è anche uno sguardo sul contemporaneo. Perfino un inno femminista, Déclaration, dove canta «Non siamo nati misogini, ma lo diventiamo» o Santé dove affronta il tema degli invisibili, poveri e emarginati e anche i medici negli ospedali. Il figlio di una prostituta al centro di Fils de Joie con un afflato che ricorda per certi versi De Andrè. Multitude è un altro modo di Stromae di esplorare il mondo e per farlo ha chiamato musicisti da diversi paesi: in La solassitude il cinese Guo Gan suona uno strumento tradizionale chiamato erhu, mentre in Mauvaise journée il bolivaino Alfredo Coca suona il charango. La tourneé di Stromae farà tappa anche in Italia: il 20 a Milano sul palco del Summer Festival all’Ippodromo San Siro, mentre il 16 luglio 2023 porterà il suo show al Palazzo dello Sport di Roma. Spettacolo che si prospetta di impatto notevole: robot, animazione e scenografia ipertecnologica.
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