Il lavoro sulle immagini, la scelta accurata delle angolazioni, delle prospettive; la prospettiva obliqua, sincopata attraverso cui si guarda alla storia, come salendo, scendendo o interrompendo all’improvviso scale di pianoforte; la messa in scena delle condizioni di luce, di fragili, cadenti abbagli invernali, che sono sempre condizioni di cinema, la carne tremula del cinema: ecco, Serre moi fort (titolo italiano Stringimi forte) di Mathieu Amalric, tra i film più belli visti di recente, è questa rapsodia di luce, l’impressionarsi sempre miracoloso di una luce livida e ancora vivida sulla «pellicola», e la ricostruzione delle ragioni stesse del filmare, cioè dell’immaginare....