Illustrazione di Katie Edwards, foto Ikon Images
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Cultura

Stringendo patti nelle periferie

Tempi presenti L’ultimo libro della militante decoloniale Hourja Bouteldja «Maranza di tutto il mondo, unitevi!» (DeriveApprodi)
Pubblicato circa 14 ore faEdizione del 19 ottobre 2024

Immergersi dentro la composizione sociale colpita dagli effetti della macchina economica e fare i conti con le politiche (e le retoriche) securitarie, xenofobe e scioviniste rafforzate dall’austerità del tempo presente. È questa l’indicazione di metodo che la militante decoloniale Hourja Bouteldja ci consegna nel suo ultimo lavoro, pubblicato in Italia con il titolo Maranza di tutto il mondo, unitevi! Per un’alleanza dei barbari nelle periferie (DeriveApprodi, pp. 155, euro 17, prefazione di Elsa Gios e Miguel Mellino). Un libro che, sin dal suo titolo, evoca l’orizzonte politico da praticare.

Il termine «maranza», che traduce dal francese le espressioni derogatorie beauf e barbare – i «bifolchi» delle periferie urbane, i sottoproletari bianchi impoveriti dalla crisi i primi e i «barbari», gli «indigeni» della colonialità europea già protagonisti del libro «compagno» Restare barbari di Louisa Yousfi (DeriveApprodi 2023), i secondi – ha qui il senso di una promessa.

LA DEFINIZIONE «maranza», si legge nella nota editoriale che apre il volume, va «oltre la rivendicazione ’etnica’, per definire quei ragazzi e quelle ragazze che nel modo di vestire e di comportarsi non si conformano ai codici della normalità sociale. Sono le nuove classi pericolose» i soggetti a cui Bouteldja affida il compito di un’antirazzismo politico radicale e decoloniale.

Nel volume, mettendo alla prova le strutture della governance europea, compresa la postura antirazzista della sinistra politica anche nei suoi segmenti radicali, l’autrice sviluppa la riflessione intorno a due principali temi: la natura storica di quello che viene chiamato lo Stato Razziale Integrale e la dimensione sociale dei maranza, ai quali restituisce forza e dignità politica come protagonisti di un possibile cambiamento.

Con il concetto di Stato Razziale Integrale, di chiara derivazione gramsciana, Bouteldja traccia una genealogia dello statuto egemonico del discorso razzista, e di come questo abbia interessato e attraversato l’intera storia della sinistra francese, anche quella del Pcf, non alieno a tentazioni scioviniste e nazionaliste.

QUESTO RAZZISMO, molare e molecolare allo stesso tempo, sostanziato in una sorta di «Contratto razziale», non si è manifestato solo nelle sue forme più becere e visibilmente riconducibili al fascismo, ma anche in forme più sottili e progressive, attraverso politiche orientate o mosse da un desiderio di civilizzazione e integrazione dei barbari. Il legame genetico tra «Capitale, Razza e Stato», evidente nel caso francese (e che può essere utile per leggere gli stessi processi su scala europea), contribuisce a delineare uno specifico campo politico, quello della bianchezza che esercita la propria egemonia attraverso la governance razziale, scaricando verso il basso le sue contraddizioni. Mentre lavora alla normalizzazione delle relazioni razziali e alla costruzione di un legame tra i due poli del campo politico egemone, costruisce al contempo la vulnerabilità del proletariato bianco impoverito nella crisi, come valore aggiunto per politiche di frammentazione e differenziazione dentro le periferie metropolitane.

Contro questa forma della macchina statale Bouteldja avanza l’ipotesi di un «blocco storico decoloniale»: una alleanza tra i «piccoli bianchi» delle periferie e i barbari razzializzati, i «maranza» in una parola, aprendo la possibilità per uno spazio di soggettivazione politica e di classe che scuote le fondamenta dello Stato razziale.

SE EPISODI DI CONNESSIONE tra i diversi segmenti di classe sono stati sempre sotterraneamente presenti nella storia francese dell’ultimo secolo (sia per quanto riguarda il sostegno alle lotte di decolonizzazione che all’interno delle fabbriche e successivamente in quelle metropolitane), la scommessa che l’autrice propone è quella di produrre oggi le condizioni per nuove forme di questa connessione sentimentale interna alle soggettività antagoniste, costruendo alleanze visibili sul piano politico (il successo del Nouveau Front Populaire alle elezioni di luglio ne è un esempio tangibile) capaci di esprimere una vera e propria contro-egemonia sul piano sociale e destrutturare in profondità le radici del patto nazional-razzista.

La forza di questa soggettività indigena e proletaria, di questa macchina di soggettivazione decoloniale, trova il suo posto nella critica feroce e tagliente che Bouteldja muove all’Europa, rilanciando l’idea di una sovranità popolare, bianca e indigena, contro le politiche aristocratiche della Ue.

SEBBENE CONVINCA poco il programma di decolonizzare l’Europa attraverso il ritorno alla sovranità nazionale, il volume, proprio nella sua critica decoloniale alla governance europea, lascia emergere un orizzonte di possibilità dentro il regime di guerra regionale e globale che segna l’attuale contingenza storica: la scommessa tutta politica e comunque da costruire di un potere dentro e contro il partage politico, un contropotere diffuso e fondato sulle alleanze tra i soggetti di classe, che sappia trarre la propria linfa dal protagonismo dei barbari e dalla voglia di riscatto dei «piccoli bianchi» delle periferie.

Si tratta, proprio per questo di una riflessione assolutamente necessaria. Maranza di tutto il mondo unitevi! evoca, o potremmo dire invoca, assumendo l’ottimismo della volontà gramsciano, la strada da percorrere, in Francia come in Italia e in Europa, per un progetto politico radicale di cambiamento.

SOLO SPORCANDOSI le mani nelle contraddizioni della composizione di classe, imparando a parlare la lingua spuria dei maranza, spostando le contraddizioni dal margine periferico al centro dei rapporti di forza e di potere, si potrà dare vita a un processo di riconoscimento e connessione conflittuale oltre la linea del colore e a un rinnovato antirazzismo politico, capace di arrivare al cuore dello Stato razziale, che si nutre della forza soggettiva dei maranza.

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