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Strauss e la tentazione di Mozart

Strauss e la tentazione di Mozart

A teatro Fino al 2 luglio la Scala ospita una produzione di Der Rosenkavalier per la regia di Harry Kupfer, che ha debuttato due anni fa con grande successo a Salisburgo

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 11 giugno 2016

Fino al 2 luglio il teatro alla Scala ospita una produzione di Der Rosenkavalier (1911) di Richard Strauss che ha debuttato a Salisburgo due anni fa con grande successo. La regia di Harry Kupfer si mantiene in equilibrio tra la commedia degli equivoci (la beffa di cui è vittima Ochs), la pièce sentimentale (il colpo di fulmine dei giovani Octavian e Sophie) e il dramma borghese (le tresche extraconiugali e i riti sociali dell’attempata Marescialla, il matrimonio d’interesse di Ochs e Sophie sotto la supervisione del padre di lei Faninal) con venature filosofiche (le riflessioni sul tempo della stessa Marescialla).

Le scene di Hans Schavernoch insieme alle retroproiezioni di Thomas Reimer restituiscono le atmosfere della Vienna di inizio Novecento, l’epoca della composizione dell’opera (il libretto di Hugo von Hofmannsthal ambientava furbamente la storia nella seconda metà del Settecento): in bianco e nero nei primi due atti i saloni affrescati dell’Hofburg visti di sotto in su; a colori assai accesi il Prater nel III atto. L’intenzione di Strauss è quella di realizzare un’opera «neoclassicamente» mozartiana, lasciandosi alle spalle gli eccessi espressionistici di Salome ed Elektra. La coppia Marescialla-Octavian richiama esplicitamente la coppia Contessa-Cherubino de Le nozze di Figaro (1787), con citazioni anche del ciclo romanzesco Les amours du chevalier de Faublas (1787-90) di Louvet de Couvray, a sua volta pieno di allusioni a Le Mariage de Figaro (1778) di Beaumarchais, cui è ispirato il libretto di Da Ponte: come Cherubino, l’adolescente Faublas, che amoreggia con la coetanea Sophie (il cui nome rimane invariato nel Rosenkavalier), viene vestito da donna dalla matura Marchesa, di cui è amante corrisposto, mentre diviene oggetto delle voglie del Marchese. In mezzo a tutti questi riferimenti settecenteschi ne campeggia uno di cent’anni successivo, altrettanto essenziale: il monologo di Ochs, malconcio dopo il duello con Octavian alla fine del II atto, e la beffa ai suoi danni nel III atto richiamano il III atto del Falstaff di Verdi.

Musicalmente Der Rosenkavalier gioca sul paradosso e sull’anacronismo. Come nella Traviata, il Settecento è un travestimento del presente e a smascherare il cuore della storia ci pensa la partitura, a suon di valzer, la cui presenza è pervasiva e mutevole: dal valzerino della colazione (I atto) che suona come un minuetto ai valzer più grevi suonati sulla scena nel III atto per accompagnare le avances di Ochs alla servetta, il più famoso dei quali fa il verso a Johann Strauss. Il genere frusto del valzer viene rivitalizzato da Strauss sia melodicamente che armonicamente con procedimenti tipicamente contemporanei, ipostatizzando il cortocircuito tra presente e passato, tra lo scorrere inesorabile del tempo fisico e l’atemporalità delle passioni, tra la brama e la saggezza, incarnata dalla Marescialla.

La direzione magistrale di Zubin Mehta centra lo spirito dell’opera e lo tiene superbamente a fuoco dall’inizio alla fine, dispensando leggerezza, timbri morbidi, colori vividi, un disegno ritmico vario, e trattenendo il volume dell’orchestra per consentire un opportuno scavo espressivo del testo. Strepitosa Krassimira Stoyanova (Marescialla), col suo timbro pastoso e omogeneo, e un fraseggio da grande attrice; delicate Sophie Koch (Octavian) e Christiane Karg (Sophie); irresistibile Günther Groissböck (Ochs) col suo accento viennese e la sua spavalderia misurata.

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