Strategie ed emozioni dell’andare in scena
Teatro a Roma antica: una mostra all'Ara Pacis Da Livio Andronico a Nerone al Plauto di Pasolini: la mostra Teatro, a cura di O. Rossini, L. Spagnuolo e S. Monda, indaga su autori, attori, pubblico, palcoscenici, rappresentazioni
Teatro a Roma antica: una mostra all'Ara Pacis Da Livio Andronico a Nerone al Plauto di Pasolini: la mostra Teatro, a cura di O. Rossini, L. Spagnuolo e S. Monda, indaga su autori, attori, pubblico, palcoscenici, rappresentazioni
Il teatro è la parabola del mondo, nella lapidaria sentenza di Giorgio Strehler, valida anche per il panorama classico, dove le rappresentazioni offrivano un’opportunità collettiva di riflessione sociale, religiosa e morale: la mostra Teatro. Autori, attori e pubblico nell’antica Roma, a cura di Salvatore Monda, Orietta Rossini e Lucia Spagnuolo, propone un coerente percorso cronologico e tematico, articolato in sette sezioni, negli spazi espositivi del Museo dell’Ara Pacis (fino al 17 novembre).
Le radici greche, magno-greche, etrusche e italiche del teatro romano costituiscono il primo nucleo della narrazione, forte di pezzi celeberrimi come il vaso di Pronomos dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. L’imponente cratere, tanto eccezionale da aver ispirato un intero convegno a Oxford nel 2006, presenta una compagnia riunita per l’esecuzione di un dramma satiresco o di una tetralogia: i personaggi, secondo una delle interpretazioni possibili, sembrano essere còlti nei febbricitanti momenti che precedono un’esecuzione.
Fulcro dell’esposizione è la stagione inaugurata, nel 240 a.C., da Livio Andronico a Roma: pioniere della letteratura latina, traduce l’Odissea e compone almeno nove opere, delle quali non rimangono che frammenti.
Commedia e tragedia sono rinnovate dai personaggi ideati da Plauto e Terenzio, mentre in età imperiale è lo scaenicus imperator Nerone, pronto a gareggiare persino negli agoni ateniesi, il performer indiscusso e osannato.
Il teatro è la parabola del mondoGiorgio Strehler
La mostra ha poi il merito di indagare anche i «cuori umani dietro le quinte, cuori umani sul palco» (Victor Hugo), cioè le vite di attori, musici, danzatori, al centro della quinta sezione.
L’architettura è un altro dei temi fondamentali; dallo scricchiolio dei primi palcoscenici in legno allo splendore della frons scaenae dei teatri concepiti per migliaia di spettatori, gli spazi del teatro sono rievocati non solo da storici plastici come quello del teatro di Sabratha in Libia, ma anche grazie all’inedito 3D del Teatro di Pompeo, il primo in muratura a Roma, sovrapposto al moderno assetto viario.
Una ricostruzione efficace, capace di dimostrare quanto le tecnologie multimediali possano svincolarsi dalla dimensione ludica cui sono spesso relegate nelle mostre di carattere antichistico.
Le maschere, dal nutrito gruppo liparese di IV/III secolo a.C. alla sfilata delle opere realizzate nel 1991 da Giancarlo Santelli per il Curculio di Plauto, accompagnano il visitatore in un viaggio convincente e ben orchestrato.
Particolarmente riuscito il focus sull’importanza della musica. Tibie, lire e cetre risuonano nelle fedeli ricostruzioni, tra cui spicca l’organo a mantice riprodotto nel 1936 a partire da un originale, in legno e bronzo, rinvenuto ad Aquincum (Budapest). Sonorità evocate anche dai professionisti dell’intrattenimento musicale: un’iscrizione funeraria ricorda ad esempio Heria Thysbe, una cantante specializzata in assolo eseguiti durante gli intermezzi comici o al termine di altri spettacoli.
La rassegna si chiude con un incontro tra antico e moderno, ossia una panoramica sulla persistenza del teatro classico.
Tracciare un bilancio di un fenomeno culturale complesso e non ancora esaurito è senza dubbio arduo, ma la menzione dell’adattamento del Miles Gloriosus compiuto da Pasolini nel 1961 non è certo sufficiente a ripercorrere – seppure a grandi linee – la messa in scena del teatro antico, specie nella seconda metà del Novecento. Nessun cenno, ad esempio, al Filottete di Heiner Müller o alle Antigoni di Christof Nel, allusiva ai disordini del 1968 e alla sepoltura di alcuni membri della Rote Armee Fraktion, o di Jean Anouilh, rappresentata per la prima volta nella Parigi occupata del ’44.
Sarebbe stato poi stimolante, considerata la certa diffusione di messinscene di spettacoli antichi in contesti culturali del tutto estranei al mondo greco-romano come Giappone, Cina e India, indagare i singolari effetti di contaminazione così evidenti, tra gli altri, nella produzione del regista Tadashi Suzuki.
Teatro è ad ogni modo un’operazione riuscita: i meccanismi, le emozioni, le strategie dell’andare in scena nel mondo antico restituiscono un’esigenza ancora viva e profonda.
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