Strage di studenti a Kabul. Rivendica lo Stato islamico
Afghanistan Almeno 18 le vittime dell’attentato suicida. Colpita la scuola di un quartiere a maggioranza sciita della capitale afghana
Afghanistan Almeno 18 le vittime dell’attentato suicida. Colpita la scuola di un quartiere a maggioranza sciita della capitale afghana
Sono almeno 18 i morti e una sessantina i feriti causati dall’attentato avvenuto ieri a Kabul, di fronte a una scuola privata a Dasht-e-Barchi, quartiere a maggioranza sciita già obiettivo in passato di attentati. Secondo la ricostruzione fornita da Tariq Arian, portavoce del ministro dell’Interno, un attentatore suicida avrebbe tentato di entrare nell’istituto, facendosi esplodere una volta bloccato all’ingresso. Il bilancio è ancora parziale ed è destinato ad aggravarsi.
Tra le vittime, molti sono studenti e studentesse. L’attentato è stato rivendicato dalla «provincia del Khorasan», la branca locale dello Stato islamico, un attore entrato nella partita afghana tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015. Radicata nelle province orientali di Kunar e Nangarhar, al confine con il Pakistan e dove è più diffuso il salafismo, la “provincia del Khorasan” ha subito importanti sconfitte militari alla fine del 2019, grazie alle operazioni degli Stati Uniti, delle forze governative afghane e dei Talebani che hanno portato allo smantellamento della roccaforte nel distretto di Achin, Nangarhar.
Con la firma dell’accordo di Doha nel febbraio 2020, i Talebani sono diventati partner nel contro-terrorismo degli americani, i quali invocano però un impegno maggiore dei seguaci di mullah Haibatullah Akhundzada anche contro i militanti di al-Qaeda.
Proprio ieri i servizi di sicurezza hanno rivendicato la cattura e l’uccisione nella provincia di Ghazni di Moshen Al-misri, tra le figure di spicco di al-Qaeda nel subcontinente indiano (già dato per morto altre volte). Per gli Usa, i Talebani mantengono rapporti amichevoli con i qaedisti, ma stanno effettivamente combattendo contro lo Stato islamico. Oggi la “provincia del Khorasan” è militarmente indebolita rispetto al passato, non controlla più significative aree del Paese ma – come dimostra l’attentato di ieri a Dasht-e-Barchi – mantiene la capacità di condurre attentati e stragi nei centri urbani.
E intende capitalizzare lo scontento di quanti sono rimasti delusi dell’accordo Usa e Talebani. Sono i jihadisti duri e puri, alieni a ogni compromesso politico, pronti a colpire in particolare gli hazara, la comunità minoritaria sciita considerata apostata, già vittima negli anni Novanta della repressione talebana. Dasht-e-Barchi è un quartiere simbolo della comunità hazara. Qui lo Stato islamico ha colpito altre volte: nell’agosto 2018 un attentato in un altro istituto educativo ha provocato 30 morti.
Tornare a colpire il quartiere ha un significato simbolico e strategico: si punta al conflitto settario, fin qui scongiurato dagli afghani nonostante quattro decenni di guerra. Oltre a quella degli hazara, è preoccupata anche la minoranza dei sikh e degli hindu. Una volta contavano decine di migliaia di persone, oggi solo 500. Lo stragismo dello Stato islamico ha colpito anche loro: lo scorso 25 marzo a Kabul un attentato al tempio e centro culturale sikh Guru Har Rai Sahib ha causato venticinque i morti.
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