Cultura

Strada n. 85, il training degli astronauti in una terra simile alla luna

Strada n. 85, il training degli astronauti in una terra simile alla luna

Luoghi da visitare In Islanda, c'è un piccolo Museo dell'Esplorazione che racconta quando Neil Armstrong fu spedito dalla Nasa a prepararsi per la missione su una terra simile alla luna

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 20 luglio 2019

La strada numero 85 è una delle numerose e mediamente sconosciute diramazioni che partono dall’anello che fa il giro dell’Islanda per inoltrarsi nei recessi più remoti dell’isola. Altipiani, penisole e fiordi che non rappresentano quasi mai la destinazione principale di un viaggio: il più delle volte essi sono una deviazione, un diversivo, un’appendice più o meno sostanziosa dell’itinerario prefissato.
Chi punta verso nord imboccando la strada 85, ad esempio, lo fa essenzialmente per raggiungere Húsavík e la sua baia, famosa per la quantità e la varietà di balene che la popolano da primavera a autunno. Buona parte dei viaggiatori arriva fino a Húsavík (2200 abitanti) per rimanerci un giorno, al massimo due: il tempo di un’uscita di whale watching in barca, una passeggiata sul fotogenico porticciolo, una zuppa di merluzzo calda. Dopodiché di nuovo rotta verso sud; verso l’Islanda più conosciuta, più familiare.

MA LA STRADA 85 non finisce a Húsavík. Prosegue oltre, a nord-est, snodandosi attraverso due delle penisole in assoluto meno battute del Paese: prima Tjörnes, una specie di paradiso dei pulcinella di mare e di decine di altri uccelli migratori; poi Melrakkaslétta, un ciuffo di terra largamente pianeggiante che culmina a una manciata di chilometri dal circolo polare artico. Quasi totalmente disabitata, la penisola di Melrakkaslétta è uno dei luoghi islandesi che ancora trasmettono a chi li visita la netta impressione di essere dei pionieri.
Avventurarsi sulla strada numero 85 oltre l’abitato di Húsavík è dunque un chiaro sintomo di curiosità, di genuino desiderio di scoperta. Non è un caso che uno degli ultimi avamposti civili che si incrocino uscendo dalla «capitale delle balene» sia un museo: il Museo dell’Esplorazione – appunto.
Si tratta di una casa islandese del secolo scorso, due piani, spaziosa. All’interno cinque diverse sale raccontano vicende di esploratori ed esploratrici che hanno segnato ciascuno un pezzo di storia dell’umanità. Sono storie che parlano di vichinghi, di oceani, di vulcani, di missioni spaziali.

Museo dell’esplorazione

QUANDO GLI ABBIAMO chiesto come mai in un luogo così piccolo di un Paese così piccolo ci sia un intero museo dedicato a un concetto vasto come il bisogno di esplorare, Örlygur Hnefill Örlygsson, il fondatore, ha risposto che «in un certo senso è la condizione stessa di vivere in un posto del genere a renderti esploratore: per allontanarti da qui devi attraversare come minimo un oceano».
Örlygur, 36 anni e un accenno di barba rossa, ha maturato l’idea del museo nel 2009, quando ha appreso del legame tutt’altro che trascurabile che esiste tra la sua terra e la missione spaziale più importante della storia. Sfogliando una rivista locale, Örlygur dieci anni fa ha scoperto che nel 1965 e nel 1967 due diversi gruppi di piloti della missione Apollo fecero tappa in Islanda, nel cortile di casa sua, per prepararsi all’imminente allunaggio.
Trentadue astronauti in tutto, Neil Armstrong compreso, furono spediti dalla Nasa sugli altipiani islandesi per prendere parte a una serie di training scientifici mirati: la varietà delle formazioni geologiche che caratterizzano l’area del vulcano Askja – a circa tre ore da Húsavík – era ritenuta simile per molti versi a quella della Luna. Gli astronauti americani impararono in Islanda a riconoscere i diversi tipi di materiali vulcanici; a distinguere i campioni di rocce che i prescelti tra loro avrebbero qualche tempo dopo prelevato dalla superficie lunare e portato sulla Terra.

LE FINALITÀ SCIENTIFICHE della missione Apollo non sono mai state troppo note al grande pubblico, ma sono il cuore della «sala della Luna» del Museo dell’Esplorazione. Per celebrare il 50° anniversario dell’allunaggio, Örlygur e gli altri curatori del museo (Francesco Perini e Giuditta Gubbi, italiani di Jesi) hanno pensato a un concerto celebrativo all’interno di un tunnel di lava e a un ambizioso progetto di espansione del museo. Il sogno è realizzare una replica a grandezza naturale del modulo lunare dell’Apollo 11, l’Eagle.
«E non è finita qui», aggiunge Örlygur con orgoglio. «Tutti gli astronauti che ho incontrato mi hanno spiegato che l’Islanda sarebbe perfetta per prepararsi anche alla prossima grande meta: Marte».

* Leonardo Piccione è autore de «Il libro dei vulcani d’Islanda» (Iperborea)

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