ExtraTerrestre

Storie di lupi, gatti selvatici, lontre, sciacalli dorati e cinghiali voraci

«…quanto più si estende sulla terra vergine il dominio dell’uomo, tanto più diminuiscono le sue possibilità di salvezza, ed a un certo punto egli si troverà prigioniero di se stesso». […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 20 febbraio 2020

«…quanto più si estende sulla terra vergine il dominio dell’uomo, tanto più diminuiscono le sue possibilità di salvezza, ed a un certo punto egli si troverà prigioniero di se stesso». Le bellissime parole di Dino Buzzati introducono la storia dell’orso, il primo degli otto animali selvatici di cui l’esperto forestale Daniele Zovi ci racconta con profonda conoscenza e passione in Italia Selvatica (UTET edizioni), la mappa narrata di un paese che sta diventando un po’ più selvatico.
Quella dell’orso è una delle vicende più lunghe e tormentate: presente dalla pianura alla montagna, da nord a sud fino al Seicento, si riduce drasticamente dalla seconda metà dell’Ottocento, a causa della caccia e della contrazione degli habitat di una specie che nella vita può percorrere decine di migliaia di chilometri. Resiste in Abruzzo il docile marsicano, ma l’originale euroasiatico sull’arco alpino scompare alla vista. Da lì il progetto di reintroduzione con orsi sloveni, il cui successo in termini di ripopolamento è risultato problematico nell’interazione con la popolazione umana.

Meno nota è la storia dello sciacallo dorato: il furbo e slanciato canide più grosso di una volpe e più esile di un lupo, ha marciato dal Caucaso in Europa nel XX secolo, stabilendo la sua roccaforte in Bulgaria per poi espandersi e varcare il confine italo-sloveno, popolando prima il Friuli e poi raggiungendo il Trentino, il Veneto, la Lombardia, L’Emilia Romagna.

Il nobile lupo ci porta in giro per tutta Italia: nonostante lo stigma alimentato da favole e superstizioni secolari, troviamo il lupo, solitario o in branchi dalla straordinaria e complessa dinamica sociale dagli altipiani di Asiago all’entroterra salentino, passando per Roma, la capitale di cui è mito fondatore e presso i cui confini è tornato di recente.

Il più elusivo di tutti è il gatto selvatico, presente ovunque ma invisibile a tutti: in rarissimi casi delle foto-trappole sono riuscite a cogliere la folta coda ad anelli di questo felino da cui tutti i gatti discendono.

Il ribelle cinghiale, che salta come un cervo e scava come un aratro, come l’orso è una delle vittime degli errori dell’uomo: se ormai gironzolano in campeggi e campagne coltivate, entrano impunemente nei giardini, devastano orti e occasionalmente attaccano, è colpa dell’uomo che dopo la Seconda guerra mondiale ha importato dall’Est Europa dei cinghiali più grandi, a volte quasi il doppio di quelli nostrani, e più riproduttivi: a suon di ibridazioni sono dilagati in tutta la penisola.
Il libro è arricchito da incursioni letterarie, testimonianze storiche e leggende che circondano a volte di fascino a volte di terrore l’animale in questione. Moltissime sono quelle dedicate alla lince: del feroce e bellissimo felino cantano addirittura Dante Alighieri nell’Inferno e Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso. Ma a poco sono valsi i suoi movimenti leggiadri, la vista prodigiosa e l’udito finissimo che ne fanno un predatore raffinato: in Europa ne sono rimaste veramente poche.
Lo stesso vale per le lontre, diffuse ovunque poco più di 100 anni fa; questo mustelide, più a suo agio in acqua che sulla terra ferma, è molto sensibile ai fattori ambientali: regimazione delle acque e inquinamento hanno ridotto drasticamente il suo habitat, la caccia ha fatto il resto. Gli esemplari ancora presenti in Italia si contano sulle dita delle mani.

L’ultima storia fortunatamente ci racconta di un ritorno: quello del castoro, le cui tracce dopo 500 anni sono riapparse nei boschi di Tarvisio. Non si tratta ancora di dighe o canali, ma di qualche albero rosicchiato in una maniera che solo il più grosso roditore europeo può fare: è la visita di un unico esemplare, probabilmente dall’ Austria, ma c’è da sperare che decida di stabilirsi da noi; anche perché per tornare in Italia il castoro in questione ha letteralmente scalato una montagna.

Il ritorno o la maggiore vicinanza di questi animali selvatici è anche l’occasione per conoscerne le caratteristiche, le abitudini, i comportamenti: le loro vite ci riguardano anche da vicino, perché secondo l’autore anche dentro ogni uomo si annida il selvatico: magari represso, nascosto, invisibile come lo sono spesso questi animali che sono tra noi.

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