Storia di una «lotta muta» da strappare all’oblio
Grammatica di un desiderio, l’esordio di Vanessa Tonnini per Neri Pozza (pp. 222, euro 18), racconta «la lotta muta che tanti umili hanno portato avanti durante il Ventennio, pagando caro il loro dissenso». È la storia di Nicaredda, la voce narrante che si rivolge al suo innamorato Ruggero, conosciuto negli anni del confino alle isole Tremiti, dove il regime li aveva spediti in quanto omosessuali.
Il testo è strutturato come una lettera che il protagonista scrive per riportare alla memoria fatti sepolti, che aveva deciso di rimuovere. Il tema del silenzio è particolarmente importante nel testo che si apre con il racconto del lavoro in miniera: in quanto figlio maschio sano di una famiglia di pastori, morto il padre, la madre decide di mandarlo a lavorare appena ragazzino nelle viscere della terra. È qui che inizia un silenzio invincibile, quello della fatica, della paura della morte che falcia ogni giorno i compagni nella miniera, della vergogna degli stupri perpetrati sui ragazzini dal capo reparto. Durante la fuga da questo inferno, Nicaredda incontra il suo futuro: Emilio e Fay sono due dissidenti che lo aiutano, dandogli un posto dove scaldarsi e del cibo, in cambio Nicaredda offre loro tutto il suo coraggio e soprattutto il suo sprezzo per la morte.
NELLA SUA PRIMA missione politica a Catania viene coinvolto in una retata e approda insieme a un gruppo di altri «arrusi», cioè gay, sulle isole Tremiti. Il racconto del confino è particolarmente interessante, anche perché quello di inviare persone invise al regime in zone impervie è una pratica del potere su cui ci sono ancora poche narrazioni. Tonnini racconta le angherie subite dal gruppo di omosessuali, le violenze del tutto ingiustificate, la fame, il lavoro coatto ma anche le serate di giubilo in cui i compagni di sventura si aiutano o si prendono gioco gli uni degli altri. Particolarmente riuscito infatti è l’affresco del gruppo di confinati: Mussolina, Norma, Ciurara, Testapetra…
Accanto a questo filone narrativo, nel romanzo viene raccontata l’impresa segreta di Nicaredda che consiste nella liberazione, con l’aiuto di altri compagni, del politico comunista Nussi, anch’egli al confino. Il racconto del rapporto fra i due è particolarmente interessante: uno è un ragazzino che sta imparando solo sull’isola a leggere e scrivere e l’altro è un intellettuale, ma i due hanno in comune il coraggio, anche se Nussi crede nel futuro, mentre Nicaredda in tutta la sua vita ha avuto fede solo nel suo amore per Ruggero. È anche l’impossibilità di affidarsi al destino o a un progetto di vita che dopo le Tremiti lo spinge a continuare la vita del dissidente politico, prima a Parigi e poi di nuovo in Italia. Nel romanzo non ci sono pagine che lo raccontino, ma ci immaginiamo che Nicaredda sia stato uno dei partigiani che ha combattuto, armi in pugno, contro i nazisti e i fascisti, per la liberazione.
L’ESORDIO di Tonnini ha diversi pregi: quello di narrare una storia laterale rispetto alle grandi narrazioni sulle ingiustizie perpetrate dal fascismo e di farlo a partire da una schietta prospettiva narrativa. Il punto di vista dal quale conosciamo gli avvenimenti è sempre quello della voce narrante, di Nicaredda, non sappiamo altro. Questo ci permette di chiederci che cosa ne sia stato di Ruggero, di interrogarci sul successivo matrimonio di Nicaredda, che sembra essere frutto di un legame sincero, di continuare quindi come lettrici e lettori a essere abitati dai personaggi e dalle loro vicende.
Soprattutto interrompe il silenzio in cui Nicaredda ha vissuto immerso per una vita intera, in quanto omosessuale e dissidente, spinge noi lettrici e lettori al contrario a ricordare quanti orrori sono stati commessi per la mera violenza del potere.
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