Per Aldo, come per molti altri della sua e della precedente generazione, l’esperienza del carcere costituì una «seconda università». Una volta superati il trauma dell’arresto, l’oppressione dell’isolamento carcerario, l’incertezza per l’esito dell’istruttoria, il senso più acuto di angoscia per la ferita che aveva inferto ai familiari, l’esperienza del carcere avrebbe costituito non già una condizione umiliante e degradante, bensì un’occasione di crescita personale e umana. Da questo punto di vista, le lettere pubblicate in questo volume costituiscono una testimonianza politica e morale emblematica di quella generazione di giovani formatasi nella seconda metà degli anni ’30, per i quali l’antifascismo e...