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Stop F35 rimandato a settembre. Stavolta fermiamoli

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Difesa In autunno sarà calendarizzata una mozione per fermare definitivamente i caccia

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 6 agosto 2014

Questa settimana sarebbe (stata) in calendario alla camera la nuova mozione per la cancellazione del programma F35. Probabilmente slitterà a settembre, a causa dell’ingorgo di misure da convertire in legge prima della chiusura estiva del parlamento.

Vale la pena riassumere la vicenda degli ultimi mesi. Nel giugno del 2013 il parlamento approva la mozione della maggioranza di governo (e respinge quella di Sel, M5S e dissidenti del Pd) che chiede la sospensione temporanea di nuovi acquisti di F35 e un’indagine conoscitiva per verificare se questi aerei servano o meno. Per fare quest’ indagine si riunisce la commissione difesa e dopo un anno (7 maggio 2014), la commissione ci dice che servono ulteriori approfondimenti (quindi si continua con la sospensione) e che però sarebbe auspicabile una revisione del programma fino ad ipotizzare il dimezzamento del finanziamento. Nel frattempo il governo, contravvenendo alla mozione della sua maggioranza, continua a fare contratti per nuovi F35 (nel mese di settembre 2013 e a marzo del 2014) e la ministra Pinotti e Napolitano si mettono di traverso: non bisogna ridurre gli stanziamenti per i sistemi d’arma e gli F35 vanno salvaguardati. Pinotti continua a giocare la carta del rinvio: prima di decidere sugli F35, dice, bisogna aspettare (il 2015 se tutto va bene) il Libro Bianco della Difesa che dovrebbe dirci cosa devono fare le nostre Forze Armate e con quali armi.

Nel frattempo il programma F35 va avanti, avendo contratti già firmati fino al 2016. Faremo sei aerei (o otto, non si sa, il parlamento ancora non ha potuto visionare i contratti). Secondo la Difesa ad oggi abbiamo contrattualizzato la produzione di 130 ali (ciò per cui è stato allestito lo stabilimento di Cameri, oltre che per fare – forse – la manutenzione degli aerei) che impiegano 340 addetti (altroché i 10mila promessi), di cui 180 “in trasferta” dallo stabilimento Alenia di Caselle. Ritorno occupazionale, dunque: modestissimo.

Tutto questo mentre i cacciabombardieri continuano a crescere vertiginosamente nei costi (la Corte dei Conti americana l’ha denunciato ripetutamente) e hanno problemi tecnici gravi: devono atterrare ad ogni temporale, il software non funziona e la sua ultimazione è in ritardo di un anno. Il casco fa vedere doppio al pilota e i prototipi a decollo verticale quando si alzano in volo squagliano l’asfalto. E sono pesantissimi: non possono sopportare uno spillo in più di carico oltre quello previsto.

Ma al di là dei problemi tecnici e dei costi (14 miliardi che potrebbero essere usati per creare lavoro e non è una questione di poco conto), c’è da fare anche un’altra considerazione: sono aerei d’attacco, con caratteristiche stealth, servono a fare la guerra e possono trasportare piccoli ordigni nucleari, che abbiamo nelle basi di Aviano e Ghedi. Ecco perché l’Italia non li deve avere: vedasi all’articolo 11 della Costituzione.

Il Pd e la maggioranza si barcamenano. La maggioranza dei parlamentari Pd non li vorrebbe, ma è sottoposta al ricatto delle gerarchie militari (e della ministra Pinotti), di Napolitano e degli americani. Vedremo come si comporterà a settembre quando verrà discussa la mozione e speriamo che ci sia una grande mobilitazione (per info: www.disarmo.org e www.sbilanciamoci.org) come quella di giugno del 2013, che faccia cambiare idea al partito del premier. In realtà Renzi poco più di un anno fa disse che non capiva che dovevamo farci con questi F35. Dopo un anno ancora non l’ha capito. O fa finta.

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