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Stop alla sacralità della crescita infinita

Tutti giù per terra Visto il tempo sempre più stretto che abbiamo a disposizione ridurre i nostri consumi a favore di una rinnovata convivialità e condivisione è fondamentale ma non più sufficiente se la politica e le istituzioni non avranno il coraggio e la lungimiranza per rivedere la sacralità della crescita infinita

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 27 settembre 2019

Si sciolgono i ghiacciai, addirittura spariscono come quello del Calderone sul Gran Sasso o altri molto più vasti sull’arco alpino. L’Ipcc continua a pubblicare scenari catastrofici con tempi molto più ravvicinati del previsto, il fenomeno Greta è ormai planetario ed inaspettatamente arriva la bella sorpresa di un Ministro che scrive a presidi ed insegnanti per giustificare lo sciopero di oggi. Tutto questo però non basta, come non è certo sufficiente inserire l’ecologia nella Costituzione.

O come materia scolastica se con si decide di investire su azioni concrete che disincentivano fortemente l’economia legata alle energie fossili per dare fiato ad una vera innovazione in campo industriale ed energetico ed elaborare un Piano Strategico per le opere utili al Paese, che superi la vecchia logica delle grandi infrastrutture impattanti ed inutili: numeri alla mano e non per opposizioni ideologiche.

Gli studenti che scendono in piazza ci dicono di fare presto e allora diventa centrale il tema della transizione da un modello di sviluppo insostenibile ad uno che sposi l’approccio dell’« Ecologia Integrale» e quindi di una sostenibilità sociale ed ambientale tra loro intrinsecamente legate.

Su molti fronti, uno tra tanti quello della mobilità sostenibile, bisogna essere chiari perché la transizione, come ci siamo detti qualche giorno fa in una partecipata tavola rotonda presso il Ministero dell’Ambiente, verso la città ecologica non può essere la semplice sostituzione del parco macchine esistente con mezzi elettrici. La mobilità sostenibile si realizza riducendo drasticamente l’uso dell’auto privata per lasciare spazio alla «mobilità dolce» dicasi pedonale e ciclabile e rafforzando il Tpl con mezzi ecologici.

È la dimensione pubblica e quindi politica, a fare la differenza nei tempi di una transizione che ormai ha il fiato corto e quindi, rimanendo alla città, vanno incentivate immediatamente tutte quelle misure che aiutano a ridisegnare la fruizione dello spazio urbano: piazze e strade riconquistate alla socialità.
Una città che si libera dal dominio delle auto, capace di rimettere al centro la persona nel filo conduttore della «città dei bambini e delle bambine» tanto cara al professor Tonucci e che oggi trova la sua più bella applicazione in terra spagnola nella città di Pontevedra, è la strada da percorrere: meno auto, meno inquinamento e meno incidenti ( 54 mortali solo a Roma nell’ultimo anno).

Si parla tanto di economia circolare ma troppo poco di come togliere invece di aggiungere la circolazione di beni di consumo, mentre il problema di fondo è come costruire percorsi condivisi per arrivare a quell’economia «sufficiente e solidale» che aiuti stili di vita più sobri ed allarghi la platea dell’accesso più che del possesso di beni e servizi.

I ragazzi che scendono in piazza e ci chiedono di fare molto di più, sono anch’essi inconsapevolmente immersi nella contraddizione di fondo che è culturale e politica di un modello di sviluppo capace di riciclarsi anche in quel Green new deal di cui parla Elly Schlein nel suo articolo per l’Espresso.

Elly Schein dice giustamente che c’è vita a sinistra fuori dai partiti e che la sfida è proprio quella di riuscire ad inglobare quelle istanze costruendo una nuova stagione unitaria della sinistra che dovrà essere: ecologista, femminista e progressista o non sarà.

Nel condividere la sua analisi pongo un problema di fondo: oggi essere ecologisti e progressisti non può voler dire solo incentivare processi produttivi green se questi immettono nel mercato le stesse quantità di beni di consumo. Va incentivato il riuso, forse la parte meno valorizzata delle famose tre « R» e la riduzione.

Visto il tempo sempre più stretto che abbiamo a disposizione ridurre i nostri consumi a favore di una rinnovata convivialità e condivisione è fondamentale ma non più sufficiente se la politica e le istituzioni non avranno il coraggio e la lungimiranza per rivedere la sacralità della crescita infinita.

So che sarà molto difficile ma questa è la vera innovazione di cui oggi avremmo estremo ed urgente bisogno.

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