Il suolo rappresenta una risorsa preziosa dove si concentra il 90% della biodiversità. Senza un suolo sano non è possibile avere cibi sani e acqua pulita. E invece pesticidi, erbicidi e fungicidi, utilizzati nei campi coltivati con metodo industriale, lasciano tracce di sostanze chimiche di sintesi che minacciano la qualità dei raccolti e la salute degli ecosistemi. I pesticidi rappresentano un grave pericolo per gli insetti impollinatori; ci tengo a sottolinearlo in occasione della Giornata mondiale delle api, che si celebra domani, per sensibilizzare sullo straordinario ruolo di sentinelle ambientali di questi preziosi insetti.

Fondamentali per l’ecosistema, api e impollinatori sono messi a rischio dall’uso di sostanze chimiche di sintesi, dal cambiamento climatico e dalla scomparsa degli habitat naturali. Da tempo abbiamo proposto di incrementare le misure destinate ai comuni ed enti gestori delle aree naturali protette finalizzate alla realizzazione di aree verdi attrezzate per la tutela degli insetti impollinatori. Nonostante l’importanza delle api, il loro numero e varietà sono diminuiti sensibilmente negli ultimi decenni, la causa è principalmente attribuibile alle attività umane. Secondo la Fao, 71 delle 100 colture più importanti al mondo si riproducono grazie all’impollinazione.

Sempre la Fao avverte che «l’uso eccessivo e improprio dei pesticidi causa danni a specie non target, mentre la persistenza nell’ambiente dei residui tossici possono impattare su organismi non target, come gli umani, contaminare acque e suoli a scala globale».

Tutelare gli ecosistemi e la fertilità del suolo è tra i punti fondamentali dell’agricoltura biologica, che si basa su processi ecologici, biodiversità e cicli adatti alle condizioni locali, vietando l’uso di prodotti chimici di sintesi.

In collaborazione con Legambiente, Lipu, Medici per l’Ambiente, Slow Food e Wwf Italia, abbiamo presentato “La Compagnia del Suolo”, una campagna di sensibilizzazione patrocinata dall’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – che ha attraversato l’Italia per verificare il contenuto di sostanze chimiche di sintesi nei campi coltivati, mettendo a confronto suoli convenzionali con suoli biologici. Sono stati analizzati 12 terreni agricoli convenzionali comparandoli con altrettanti suoli biologici contigui e adibiti alle stesse colture, in un monitoraggio a carattere dimostrativo. I risultati parlano chiaro. Nei campi convenzionali sono state ritrovate ben 20 sostanze chimiche di sintesi tra insetticidi, erbicidi e fungicidi. La sostanza più rilevata è il glifosato, trovato in 6 campi convenzionali su 12. A seguire l’Ampa, un acido che deriva dalla degradazione del glifosato. Si tratta dell’erbicida più usato al mondo, che ha effetti devastanti sulla salute degli ecosistemi e su quella umana, e che è rientrato nella lista delle sostanze ‘probabilmente cancerogene’ dello Iarc di Lione (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro). Ma non è finita qui. Fa riflettere che delle altre 18 sostanze chimiche di sintesi ritrovate, ben 5 risultino revocate da anni: tra cui il famigerato Ddt e il suo metabolita Dde, che resistono in un campo, in quantità non trascurabili, presumibilmente da 44 anni. Le altre (permetrina e imidacloprid), vietate rispettivamente nel 2001 e nel 2018, sono state ritrovate in un campo di pomodori; l’ultima (oxodiazon) revocata nel 2021, in un pereto.

Nei campi coltivati con metodo biologico, le uniche sostanze chimiche ritrovate e peraltro in quantità esigue, risultano i classici esempi di contaminazioni accidentali da cui il biologico cerca da sempre di difendersi.

I risultati della campagna dimostrano che i campi coltivati a biologico sono decisamente migliori di quelli convenzionali a conferma che il bio favorisce la tutela del suolo e della biodiversità. Le quantità di residui chimici di sintesi nei campi convenzionali sono un dato di fatto, soprattutto per le produzioni intensive, mentre conforta aver rilevato che, in alcune coltivazioni, come frumento e olivo in aree vocate, anche nel convenzionale l’uso di chimica di sintesi è molto limitato. Questo risultato ci incoraggia a pensare che il biologico stia cominciando a rappresentare un modello di riferimento per tutta l’agricoltura. L’indagine conferma che tutelare la salute dei suoli è fondamentale per supportare l’intero sistema agricolo e proteggere la salute dell’uomo e dell’ambiente. Per questo è necessario che le istituzioni pubbliche diano inizio a un monitoraggio dei residui della chimica di sintesi nel suolo, con il supporto delle istituzioni di ricerca. La nostra priorità è superare l’uso dei pesticidi di sintesi chimica, a partire da quelli con una persistenza ambientale molto lunga.

* Presidente FederBio