Alias Domenica

Stili libertini anti-cristiani tra Italia e Inghilterra

Stili libertini anti-cristiani tra Italia e InghilterraRenato Carpentieri interpreta Prospero nella Tempesta di Shakespeare, regia di Roberto Andò, 2019, foto Lia Pasqualino

Machiavelli e Giordano Bruno, Bacone, Shakespeare, Marlowe, Ralegh... In otto frenetici Saggi libertini l’anglista Gilberto Sacerdoti ha mappato l’Europa cinque-seicentesca: da Quodlibet

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 2 agosto 2020

«Bisogna lasciare indovinare al lettore almeno la metà di ciò che si vuol dire, e non bisogna temere che non ci capisca. La malignità del lettore ci sopravanza. Conviene affidarsi ad essa, è la via più sicura» (Bayle, Harangue de Mr le duc de Luxembourg). Così nel retro di copertina Gilberto Sacerdoti cerca di coinvolgere l’autorevole Bayle nella sua impresa, questi otto Saggi libertini (Quodlibet, pp. 233, € 20,00) in cui l’autore stesso ci dà prova di cosa sia uno stile libertino – dico «uno» perché il libertinismo è molteplice, variabile, e in modo diverso accattivante. Il maligno lettore non si aspetti il libertinismo gaudente (e perdente) di don Giovanni e, per fortuna, anche di Mozart.
Non si tratta dei ‘libertini eruditi’ studiati da René Pintard. Ma degli esprits forts del Cinquecento italiano: i grandi protagonisti Bruno, Machiavelli, gli illustri comprimari Pico, Vanini, Pomponazzi, Patrizi, Scaligero, Campanella, in Europa il nobile Spinoza, i frenetici inglesi Ralegh, Hill, Dee, Marlowe, Bacone, Harriot … «Dalla saldatura tra averroismo e machiavellismo (cui da parte francese si aggiunge Bodin e Montaigne) nasce quella concezione libertina della religione come impostura o espediente della ragion di stato che esplode con tutta chiarezza nel ’600 – e cioè in concomitanza con la nuova filosofia che mette tutto in dubbio». Una mappa ad ampio raggio di motivi, polemiche, leggende che da una parte all’altra di Europa si rincorrevano, si smentivano, dialogavano in ricchi epistolari tra umanisti, scienziati, maghi, fanatici, discutendo di teologia, filosofia, scienza naturale, quella infinitista e atomista dei ‘lucreziani’ (i nipotini di Lucrezio), con argomenti, exempla da Tertulliano al pagano Celso, da tradizioni ebraiche anti-cristiane. Una contro-storia in atto, una lista di «eretici, deisti, atei e libertini che si accordan tutti fra loro come ladri in una fiera», conclude l’autore che attinge da fonti rare, compie percorsi in aree a prima vista assai lontane, stipando nelle fitte note le ricchezze trovate. Da tanta ricerca, «appassionata e spassionata insieme» secondo l’opinione di un sicuro esperto che avverte l’inquieta e critica presenza della voce narrante, condotta con tanta vis argomentativa, poteva risultare un massiccio volume accademico. Ma sarebbe stata un’altra storia, probabilmente verticale e generica. La pluri-struttura saggistica adottata permette a Sacerdoti di incrociare le voci in una continua drammatica polemica, spezzata e ripresa nei singoli saggi da punti di vista diversi, partecipando in prima persona, interessato anche lui non meno dei duellanti, a commentare o insinuare, comunque a orientare il lettore di oggi che scopre certi suoi dimenticati antenati.
Sir Walter Ralegh, che conosciamo attraverso John Aubrey come incorreggibile aggressore sessuale, un «anti-Gesù, non un ateo» (Vite brevi di uomini eminenti), mentre era chiuso nella torre di Londra scrisse una History of the World (1614) in cui è riportata una esauriente definizione di «Magia» in tre generi distinta: naturale o ‘agricola’, soprannaturale, diabolica o falsa. La Magia come connessione di forze naturali attive e passive che si corrispondono in modo da produrre effetti tali da suscitare meraviglia in coloro che non conoscono le cause era la concezione più diffusa: Pico della Mirandola e Pomponazzi ne erano i teorici. Secondo il giudizio di Ralegh, sostenuto da Sacerdoti, quella fu Magia «immanentistica, antichiesastica, irreligiosa».
Il nome di Thomas Harriot, matematico e astronomo, collaboratore di Ralegh, lucreziano famoso anche per il suo ex nihilo nihil fit, è legato con nero umorismo al tragico tema della ‘mala morte’ dei miscredenti, a cominciare da Bruno. Un nihilum fu la sua punizione, perché sulla punta del naso gli venne una macchiolina rossa (straordinariamente piccola) la quale crebbe e crebbe finché alla fine lo uccise. Di Toland mi limito a ricordare che nel 1698 acquistò all’asta per 2 sterline e 50 pence la copia in marocchino nero dei Dialoghi di Bruno che era appartenuta a Elisabetta. Di quel libro Toland divenne il traduttore e diffusore in Europa, e basò la sua filosofia su una fusione tra Bruno e Spinoza. Per l’invenzione di una religione che sostituisse quella cristiana si poteva contare sulla fede druidica di Toland e sull’ermetismo magico di Bruno, «la sua anima gemella». Quanto alla tanto discussa ma misteriosa morte di Marlowe, sono introdotti elementi nuovi che derubricano quella ‘mala morte’ da punizione divina a congiura poliziesca. (Della ‘buona morte’ dei credenti non c’era dubbio, né memoria).
«Bacone, Machiavelli e l’imitazione di Cristo» è un’avvincente lettura che non dovrebbe essere riassunta. «Nell’assieme dei rapporti intercorsi tra Italia e Inghilterra nei secoli XVI e XVII , quello concernente Machiavelli è stato forse il più sconvolgente e fatale … E infatti, se il segretario fiorentino è stato ‘il più grande scandalo del pensiero politico europeo per più di due secoli’, non fu certo meno in Inghilterra che nel resto dell’Europa». Sacerdoti attribuisce a Bacone il medesimo ruolo di mediatore che era stato dell’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani, conferendogli la colpa o il merito (a seconda dei punti di vista) di aver introdotto surrettiziamente in Inghilterra Machiavelli con una ipotetica, temibile, Lettera agli Inglesi. «E se Paolo, nell’erigere un concreto e durevole edificio politico sulle basi gettate da Cristo, ebbe un’importanza storica e pratica forse non inferiore a quella di Cristo stesso, altrettanto si può forse dire per ciò che Bacone seppe fare col nuovo Vangelo di Machiavelli». Il simpatico Bacone durante una gita in campagna con un suo amico dottore aveva messo manciate di neve nella pancia di una gallina morta (Aubrey), anticipando l’invenzione del freezer come qualcuno ha scritto, ma procurandosi una polmonite mortale. Con la stessa imprevidenza aveva maneggiato il pericoloso fiorentino.
Sacerdoti è un maestro della deduzione. In altri termini, un gimnasta della logica sillogistica e dei suoi possibili svolgimenti. Secondo Shakespeare, compiono esercizi in tal senso l’elegante Cleopatra e la sua petulante ancella Charmian. Identificare le bestemmie nella Tempest o altrove è facile perché sono violente discese nei gradini sillogistici di semi-bestemmie e bestemmie intere, fino alla bestemmia che Marlowe pagò con la vita. Sono cool i Saggi libertini di Sacerdoti, e hanno molto da insegnare. Il suo Cinquecento è tempo presente e impegnativo per noi. «Le opinioni pericolose, sebbene stampate solo a metà, riempiono la mente del lettore d’idee complete; e di questo l’autore non può venire accusato» (Swift, A Tale of a Tub).

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