Economia

Stellantis, nella fabbrica di Atessa la crisi non finisce mai

Stellantis, nella fabbrica di Atessa la crisi non finisce mai

Il caso Cassa integrazione prolungata fino a settembre. La Fiom: «Cos'altro deve accadere prima che diventi evidente che stiamo entrando in una delle crisi più gravi che l’Abruzzo abbia mai visto?»

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 23 agosto 2024

È l’estate nera di Stellantis Atessa (Ch), cioè della ex Sevel, che realizza la maggior parte dei veicoli commerciali del gruppo. La cassa integrazione è partita dallo scorso 10 giugno e poi è stata a mano a mano allungata, di settimana in settimana. La previsione di inizio anno era di produrre 255mila furgoni con un incremento dell’11% rispetto ai 230mila del 2023. La situazione è cambiata ad inizio estate, quando, per 15 giorni, sono stati collocati in cassa integrazione ordinaria 400-600 lavoratori a seguito di una diminuzione degli ordini dei cabinati e del calo delle vendite dei camper. Poi il peggioramento, con un mercato stagnante. Dall’8 luglio si lavora solo su due turni, con quello notturno tagliato, cancellato. Dal 22 luglio al 2 agosto cassa per tutti, e poi chiusura per ferie collettive, dal 4 al 19 agosto. Al riposo estivo non è seguito il rientro col botto, come ci si sarebbe aspettati e come in tanti auspicavano. Di qualche giorno fa, invece, l’annuncio, ai sindacati (Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcf), da parte della direzione di stabilimento, dell’ennesima proroga degli ammortizzatori sociali, «precauzionalmente e in modo preventivo», fino al 22 settembre prossimo.

PROVVEDIMENTO che abbraccia tutti i dipendenti, che sono poco meno di 5mila. I problemi restano, e paiono gravi, e si trascineranno di sicuro per tutto l’autunno. Nel cuore della Val di Sangro, motore industriale d’Abruzzo, sale la preoccupazione. È la prima volta nella storia della fabbrica del Ducato, nata nel ’78, come joint venture tra Fiat Auto e Gruppo Psa (Peugeot/Citroen), che si crea una congiuntura di questo tipo. Ad Atessa, oltre ai mezzi di Fiat e Psa, si producono anche quelli di Opel e Vauxall e, da quest’anno, di Toyota. «Cronaca di un destino annunciato», tuona in una nota la Fiom Cgil Chieti, con il segretario Alfredo Fegatelli. «E la frase più amara – rintuzza – è “l’avevamo detto”. È amara perché significa che non siamo stati ascoltati e che la produzione di furgoni avviata in Polonia, come abbiamo sempre sostenuto, non era un’aggiunta a quella della Sevel. Ora lì si assume e qui si continua a ricorrere alla cassa integrazione. È il momento – aggiunge il sindacato – di riflettere e analizzare le sottovalutazioni fatte quando cercavamo di avvertire che saremmo finiti proprio nel pantano in cui adesso ci troviamo. Non si tratta di una semplice crisi di mercato…». Per la Fiom è «una strategia precisa avviata nel 2019 con la nascita della fabbrica di Gliwice. Tutto è stato pianificato». Ad Atessa è stato dismesso il vecchio impianto di verniciatura e quello nuovo «fatica a garantire volumi superiori ai 900 furgoni quotidiani». È chiaro, dunque, che «l’obiettivo era di diminuire la capacità produttiva in Italia. Inoltre, la politica di riduzione dei costi di Stellantis ha reso insostenibile il mantenimento del terzo turno nella forma in cui era organizzato. E le conseguenze ricadono sui lavoratori: quelli del turno di notte, che subiranno una forte perdita economica, e quelli dei turni diurni, che vedranno aumentare il ricorso alla cassa integrazione. Siamo altrettanto certi che, prima o poi, la produzione sarà equamente divisa tra i due stabilimenti e che le nuove tecnologie verranno sviluppate Oltralpe. Il rientro post vacanze porta incertezze, non solo per l’ex Sevel, ma per tutto l’indotto».

«COSA ASPETTA la politica a intervenire? – domanda Fiom -. Cos’altro deve accadere prima che diventi evidente che stiamo entrando in una delle crisi più gravi che questa regione abbia mai visto? Riteniamo urgente unirci in un fronte comune e costruire una strategia condivisa, capace di contrastare un destino che sembra ormai segnato».

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