Cultura

Stelio Mattioni e le vie oniriche di Trieste

Stelio Mattioni e le vie oniriche di TriesteLa Scala dei Giganti, Trieste

SCAFFALE «Il richiamo di Alma», un romanzo riedito da Cliquot. Il mondo del fantastico nello sfondo novecentesco di una città amata

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 2 aprile 2021

C’è una linea sottile nella scrittura di Stelio Mattioni, una sorta di confine immaginario che ondeggia tra finzione e realtà. Una striscia che potremmo definire del verosimile e, forse, dicendo così indovineremmo, ma non del tutto, non sempre. È molto più misteriosa l’opera dello scrittore triestino, è più profondo il solco che lo avvicina al mondo del fantastico, più affascinante e interessante.

MATTIONI è italiano, ma se dovessimo pensare a vicinanze, somiglianze, guarderemmo alla letteratura sudamericana, a quella argentina in particolare, a qualcosa di Borges, a suggestioni vicine ai racconti di Silvina Ocampo. A rendere le sue storie indefinibili, più vicine al regno dell’incomprensibile che al movimento del quotidiano, è anche la città di Trieste, una delle più affascinanti e sfuggenti d’Italia. Trieste è bellissima e il suo fascino deve parecchio alla sensazione di impermanenza che sparge tra i vicoli, i saliscendi, le piazze, «non restava che ambientare la mia storia in luoghi realmente esistenti». La città potrebbe sparire da un momento all’altro, e, di conseguenza, potrebbe essere inghiottito qualunque viaggiatore che la stia visitando.

Stelio Mattioni è uno scrittore importante del secondo Novecento, eppure non è abbastanza conosciuto. Ha pubblicato poesie, racconti, romanzi, saggi, è andato due volte in finale al Premio Campiello, nel 1968 con Il re ne comanda una (ripubblicato da Cliquot nel 2019) e nel 1980 con Il richiamo di Alma che la stessa Cliquot (pp. 123, euro 16) – proseguendo il lavoro di riscoperta di scrittrici (si veda il caso di Brianna Carafa – recensita su queste pagine da Giulia Caminito il 19 agosto 2020, ndr) e scrittori intrapreso da qualche anno – ha rieditato di recente. Mattioni forse è poco noto perché sfugge alle facili definizioni, perché ciò che ha scritto non è così comodo da catalogare, non si può mettere da nessuna parte, conviene leggerlo e restarne ammirati.

UNO STUDENTE universitario, di ottima famiglia borghese, figlio minore, ha un fratello e una sorella, passa le sue giornate a studiare non troppo intensamente, con gli amici, camminando per Trieste, seguendo percorsi abituali, tra casa dei suoi e quella di sua zia Francesca, dove pranza e sfoglia i testi universitari. Una zia caduta in disgrazia, appartata, ma oasi a cui il nipote approda quotidianamente, senza particolare slancio o affetto. In questo tedio, abbastanza tipico della borghesia del secondo Novecento, topos narrativo comune a molti nostri scrittori, si muove il protagonista de Il richiamo di Alma. Richiamo che si manifesta con la comparsa di una figura, una giovane donna, che appare leggera, quasi trasparente. Corporea ma sfuggente, da toccare e inseguire. Alma da subito è figura che non si trattiene ma che il personaggio di Mattioni non può smettere di cercare. Questa ricerca, che non definiremmo ossessiva, più che rimandare al desiderio è da collocare nel campo più vasto del mistico e della speranza. Dalla prima volta in cui vede Alma sulla Scala dei Giganti, che le parla, il nostro studente comincerà un attraversamento interiore e della città che lo porterà a scoprire la sua estraneità alla famiglia e, tutto sommato, al mondo così com’è a quel tempo.

DURANTE I MESI in cui si dipana la vicenda, Alma apparirà e scomparirà come se fosse sognata, immaginata. Insieme a lei si manifesterà Trieste nella sua meravigliosa complessità. Chi è Alma? Una madonna, una santa, una donna soltanto fantasticata, una proiezione mentale o la città stessa? Tutte queste cose o nessuna, con ogni probabilità. Per Mattioni è il ponte che muove il suo protagonista dalla lentezza della noia a una velocità fatta di aspettative, piacevoli incongruenze, labirinti, balaustre, fotografie che non trattengono le immagini, bambine che forse non esistono, case che scompaiono, vie che si sovrappongono. «La realtà comune a tutti man mano si consuma», scrive Mattioni, e in quel consumarsi inserisce la variante fantastica nella quale Alma si materializza e strappa il protagonista a un mondo piatto, piuttosto grigio e fermo.

ALMA È UN RICHIAMO, ma è la vita che richiama. La figura che appare e scompare è la mossa, la chiave, che spinge il ragazzo a scuotersi, a lasciare il torpore di rituali familiari, «a uscire allo scoperto»; è proprio un bisogno sconosciuto fino ad allora, non è l’amore, è qualcosa di indefinito e tenace. La prosa di Mattioni è scorrevole, colta, sicuramente classica. Il romanzo è arricchito da una introduzione di Chiara Mattioni (figlia adorata) e da una postfazione di Gianfranco Franchi; un gioiello della letteratura salvato e riportato alla nostra attenzione.

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