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Stato-mafia: “Napolitano come testimone”

Stato-mafia: “Napolitano come testimone”Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – Reuters

Palermo La procura di Palermo chiama a testimoniare anche il presidente del Senato Grasso e quattro ex ministri

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 18 maggio 2013

Al centro dell’attenzione dei magistrati che indagano sulla trattativa stato-mafia c’è una lettera che Loris D’Ambrosio scrisse poco prima di morire a Giorgio Napolitano nel giugno del 2012, quando infuriavano le polemiche per le sue conversazioni, intercettate dalla procura di Palermo, con l’ex ministro degli Interni Nicola Mancino. E, in particolare, una frase scritta dall’allora consigliere giuridico del Colle: quella in cui, riferendosi a episodi avvenuti tra il 1989 e il 1993 scrive di aver avuto il timore «di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi».

A cosa si riferiva D’Ambrosio? E parlando con Napolitano ebbe modo di chiarire meglio il contesto delle sue affermazioni? E’ per cercare una risposta anche a queste domande che i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi hanno chiesto di poter sentire come testimone il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al processo sulla trattativa stato-mafia che si aprirà il 27 maggio davanti alla corte di assise di Palermo.

In tutto sono 180 i testi chiamati dalla procura siciliana. Oltre al capo dello Stato nella lista testi figurano anche i nomi del presidente del Senato, ex procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, del procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani («in ordine alle richieste provenienti dall’imputato Nicola Mancino aventi ad oggetto l’andamento delle indagini sulla cosiddetta trattativa, l’eventuale avocazione delle stesse e/o il coordinamento investigativo delle procure interessate», scrivono i pm), del suo vice Pasquale Ciccolo, dell’ex pg di Cassazione Vitaliano Esposito, degli ex ministri Claudio Martelli, Giovanni Conso, Vincenzo Scotti, Giuliano Amato e dell’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nomi eccellenti, sulla cui ammissibilità spetta ora alla corte d’assise di Palermo pronunciarsi.

E’ chiaro che il dibattimento che prenderà il via tra poco più di una settimana dovrà far luce anche su quella che appare come una trattativa nella trattativa.E in particolare sulle preoccupazioni espresse a D’Ambrosio da Mancino, indagato per falsa testimonianza, quando aò telefono gli manifestò i suoi timori sulle scelte investigative della procura di Palermo, sollecitandolo a parlarne con Napolitano. Il risultato di quelle telefonate fu una convocazioneil 19 aprile del 2012, dell’allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso da parte del pg della cassazione Gianfranco Ciani che gli chiese di coordinare il lavoro delle procure ricevendo però un rifiuto: «Mi è stata richiesta una relazione sul coordinamento tra le procure», apiegò tempo fa Grasso. Il 22 maggio ho risposto per iscritto specificando che nessun potere di coordinamento può consentire al Pna di dare indirizzi investigativi e ancor meno influire sulle valutazioni degli elementi di accuse acquisiti dai singoli uffici giudiziari».

Oltre a quelle tra Mancino e D’Ambrosio, nel corso delle indagini vennero intercettate casualmente anche quattro conversazioni telefoniche sempre tra Mancino e Napolitano, i cui contenuti sono stati distrutti recentemente. Nella lettera a Napolitano, pubblicata nel volume «Sulla Giustizia. Interventi del capo dello Stato e del presidente del consiglio superiore della magistratura. 2006-2012», D’Ambrosio spiegava: «I fatti di questi giorni (le polemiche per a pubblicazione delle intercettazioni, ndr) mi hanno profondamente amareggiato personalmente»… «Come il procuratore di Palermo ha già dichiarato e come sanno anche tutte le autorità giudiziarie a qualsiasi titolo coinvolte nella gestione e nel coordinamento dei vari procedimenti sulle stragi di mafia del 1992 e 1993, non ho mai esercitato pressioni o ingerenze che anche minimamente, potessero tendere a favorire il senatore Mancino o qualsiasi altro rappresentante dello Stato comunque implicato nei processi di Palermo, Caltanissetta e Firenze».

La richiesta di far testimoniare Napolitano ha scatenato le reazioni del centrodestra che ha sollevato una polemica inestitente sull’intenzione dei magistrati di voler ascoltare il capo dello Stato sui contenuti delle intercettazioni distrutte. Intenzione mai manifestata dai pm. Al punto da provocare in serata una nota del procuratore aggiunto Vittorio Teresi. «Tengo a precisare – ha detto – che la richiesta di citazione del presidente Napolitano non ha nulla a che vedere con le telefonate intercorse tra l’ex ministro Nicola Mancino e Loris D’Ambrosio, né tantomeno con le conversazioni tra il Capo dello Stato e lo stesso Mancino ormai distrutte dopo la sentenza della Corte Costituzionale».

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