Stati generali della natalità: l’incubo culle vuote di destra, prelati e manager
Demografia Si apre domani a Roma all’Auditorium della Conciliazione la terza edizione degli «Stati generali della natalità», due giorni per discutere di culle vuote e di come riempirle
Demografia Si apre domani a Roma all’Auditorium della Conciliazione la terza edizione degli «Stati generali della natalità», due giorni per discutere di culle vuote e di come riempirle
Si apre domani a Roma all’Auditorium della Conciliazione la terza edizione degli «Stati generali della natalità», due giorni per discutere di culle vuote e di come riempirle. La brochure di presentazione si apre con un interrogativo inquietante: «Avete mai immaginato un mondo senza bambini?». Ma poi offre una prospettiva inedita sull’Apocalisse: «Senza bambini significa, tanto per fare degli esempi che diano concretezza alla visione, senza la necessità di biberon, di prodotti per l’infanzia». Quasi quasi. Ma deve essere questo il motivo per cui agli Stati Generali della Natalità sono stati invitati a discutere della crisi demografica i manager di Plasmon, Prénatal e Assogiocattoli.
Non ci sono solo loro. L’Auditorium è a due passi dalla basilica di San Pietro e, per chi voglia accreditarsi nel mondo cattolico a difesa della famiglia, l’appuntamento è imprescindibile. Gli ospiti annunciati sono di altissimo livello e fanno capire il tono del dibattito, decisamente centrato a difesa della famiglia tradizionale. A Papa Bergoglio in persona sarà affidata l’apertura dei lavori di venerdì e con lui interverrà la premier Giorgia Meloni. Nelle varie sessioni si alterneranno ben sette ministri di primo piano, Salvini, Lollobrigida e Tajani compresi. Non potranno mancare nemmeno i leader di opposizione, da Schlein e Conte a Carfagna (Azione) e Bonetti (Iv). Assente ovviamente la sinistra. Benissimo rappresentata invece l’economia, con i vertici di Enel, Invitalia, Cdp, Poste, Tim e altre multinazionali – oltre ai brand per bambini – a discutere con il ministro dell’economia Giorgetti e quello del made in Italy Urso. Lo show finale sarà affidato all’artista neocatecumenale Giovanni Scifoni e al suo monologo recitato «dribblando continuamente la tentazione di un meraviglioso corpo femminile che incombe sulla scena». Imperdibile.
A tenere insieme cotanti ospiti (42, di cui solo 9 donne) sarà il padrone di casa Gigi De Palo, presidente della «Fondazione per la natalità», cinque figli e una vita passata nell’associazionismo familiare cattolico più vicino alla Conferenza episcopale, che infatti invia agli Stati Generali il suo numero uno Matteo Zuppi. Fu De Palo a organizzare il primo Family Day del 2007 con l’obiettivo (raggiunto) di fermare i «Di.Co», le unioni di fatto proposte dall’allora ministra Bindi. Dal Family Day si è smarcato nel 2016, ma solo per costruire un appuntamento alternativo che pesca più o meno nella stessa area.
Tanto è vero che molti habitué del Family Day saranno tra i protagonisti anche degli Stati Generali, a partire dall’antiabortista ministra della famiglia Eugenia Roccella. Ci sarà anche il demografo Gian Carlo Blangiardo, fino a pochi giorni fa presidente dell’Istat e noto soprattutto per aver proposto di includere i feti abortiti nel calcolo dell’aspettativa di vita e per i pamphlet anti-immigrazione. Tutti, laici e prelati ma soprattutto maschi, a interrogarsi su come fermare a mani nude «l’inverno demografico».
In realtà l’allarme è esagerato e riguarda solo i bambini italiani, bianchi e nati nella famiglia del Mulino Bianco. Nel mondo, invece, i bambini non stanno sparendo affatto: nella storia dell’umanità non ne sono mai nati tanti come negli ultimi vent’anni. Tanti di loro oggi chiedono di entrare nel nostro Paese, respinti solo dalle leggi anti-immigrazione. Basterebbero loro a salvare le fabbriche di ciucci.
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