Nei giorni in cui Repubblica celebra il suo festival bolognese per il «diritto al futuro», sconcerta un po’ la stucchevole ambizione dichiarata di «ridisegnarlo», come se quello fosse stato tracciato da mano improvvida a nostro danno. Perché qui sta uno dei grandi vuoti di questo nostro tempo, una «narrazione» dalla quale dovremmo liberarci per guardare avanti. Perché ci stiamo raccontando una storia «alla rovescia», come se i disastri provocati dal capitalismo predatorio della globalizzazione, dallo sfruttamento dissennato delle risorse naturali e da una pandemia devastante ci fossero cadute tra capo e collo per colpa di un destino cinico. Avevamo un...