Economia

Standard and Poor’s: nel gioco del rating, Renzi non cresce: «Presto per valutare»

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Capitalismo Un tifo scatenato per le «riforme», all’interno di un circolo mediatico-finanziario che si auto-alimenta, rendendo credibili e apparentemente «efficaci» le proposte di riforme a tutto campo inserite nello stesso mazzo da Renzi

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 7 giugno 2014

La strada di Renzi per soddisfare le attese delle agenzie di rating è lunga, dolorosa, piena di incertezze. Ieri Standard and Poor’s ha confermato i rating dell’Italia a BBB per il lungo termine e A-2 per il breve. Dunque l’outlook rimane negativo.

Secondo la valutazione dell’agenzia «le prospettive di crescita economica resteranno deboli in termini reali e nominali». La prospettiva di una «modesta crescita» in Italia «riflette i tentativi da parte degli ultimi tre governi di riformare il mercato del lavoro e la produzione, che noi consideriamo meno flessibile rispetto a quelli dei partner commerciali più importanti d’Italia».

Inoltre, «le valutazioni sull’Italia sono anche vincolate dall’elevato peso del debito delle amministrazioni pubbliche». Tutto questo nonostante le «realistiche» previsioni formulate nel Documento di Economia e Finanza dal ministro dell’Economia Padoan. Per l’esecutivo, infatti, la crescita per il 2014 sarebbe pari allo 0,8%. Una prospettiva alla quale nessuna delle istituzioni economiche internazionali, commissione Ue compresa, oltre che l’Istat crede. L’ipotesi non convince nemmeno S&P: sebbene le intenzioni del Governo guidato da Matteo Renzi siano «incoraggianti», è «troppo presto per valutare quanto il governo sarà in grado di attuare del programma e in quali tempi».

Nel gioco delle previsioni sulle prospettive economiche italiane, la triplice delle agenzie di rating ha espresso giudizi diversi. Moody’s e Fitch, le altre due «grandi», hanno infatti emesso un verdetto «stabile» sull’outlook. Fitch, ad esempio, ha emesso un verdetto più consolatorio rispetto alle aspirazioni del governo che ha più volte auspicato la fine di una crisi e il ritorno, sia pur timido, della crescita. Per questo ha rivisto al rialzo l’outlook sul merito di credito dell’Italia da «negativo» a «stabile» confermando il rating a «BBB+». Per questa agenzia, la recessione si sarebbeavviata allaconclusione, migliorando in questo modo le condizioni di finanziamento dell’Italia.

Nel gioco delle proiezioni che governa il mondo parallelo delle stime su crescita e tendenze del mercato finanziario, pesa l’impatto della vittoria elettorale inaspettata del Pd di Renzi alle europee: «La chiara vittoria elettorale su M5S e Forza Italia consegna a Renzi un mandato rinforzato – così si era espressa Fitch, come se fosse l’opinionista televisivo – Riteniamo che questo sia positivo per il credito e dovrebbe fornire un’ulteriore spinta all’agenda di riforme economiche precedentemente annunciate».

Un tifo scatenato per le «riforme», all’interno di un circolo mediatico-finanziario che si auto-alimenta, rendendo credibili e apparentemente «efficaci» le proposte di riforme a tutto campo inserite nello stesso mazzo da Renzi. Più annunci si fanno, più i borsini delle agenzie di rating rimbalzano verso l’alto. S&P hamigliorato il rating dell’Irlanda ad A- da BBB+, portando Dublino a due gradini sopra l’Italia in termini di merito di credito. S&P ha mantenuto invariato il proprio rating sugli Stati Uniti ad AA+, a quasi tre anni dal taglio che fece perdere agli Usa il giudizio massimo.

Il mancato ritorno alla tripla A dipende dall’alto debito e deficit. L’agenzia si è detta soddisfatta per il ruolo imperiale degli Stati Uniti che conferisce alla loro economia una certa solidità basata sullapolitica monetaria espansiva della Fed, lo status «unico» di un Paese che «stampa la valuta di riserva mondiale».

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