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Stan Lee il re del fumetto

Stan Lee il re del fumetto

Interviste La sua specialità è stata creare il supereroe problematico. Come l'Uomo Ragno

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 13 agosto 2016
Luca celadaLOS ANGELES

«Ho preso la tessera SAG (sindacato degli attori, ndr) un milione di anni fa quando un mio vecchio amico mi ha chiesto di fare una piccola parte in un suo film». Stan Lee, Ray Ban grigi e blazer d’ordinanza, racconta un rapporto insospettato della sua carriera settuagenaria, quello con Alain Resnais. Col regista della nouvelle vague l’amicizia nacque negli anni settanta quando il Francese, appassionato di BD’s e supereroi americani, lo rintracciò a New York. Assieme i due collaborarono ad un paio di soggetti e una sceneggiatura, per un film intitolatoThe Monster Makers, su un regista di B-movies horror alla Roger Corman che prova a fare un film d’autore. Non se ne fece nulla e l’unica traccia tangibile della improbabile collaborazione fra i due rimane una voce fuori campo fornita da Lee per L’An 01 girato nel 1973. E quella tessera del sindacato attori.
Da allora alla filmografia di Mr. Lee si sono aggiunte decine di «cameo» alla Hitchcock che sono diventate imprescindibili in ogni film Marvel. Solo negli ultimi 12 anni hanno incassato la bellezza di 8,6 miliardi di dollari ai botteghini mondiali. Una produzione impressionante di oltre 40 pellicole: 9 solo i film della serie X Men un’altra decina legate al mondo degli Avengers. E ancora una ventina almeno in cantiere in vari stadi di preproduzione. Il genere diventato emblema del rutilante cinema- divertimentificio che domina Hollywood. E pensare che la primaversione di Spiderman aveva chiesto di girarla proprio il regista di L’Anno Scorso a Marienbad.
Tutto questo a partire dai fumetti che negli anni 50, 60 e settanta furono frutto della mente di un solo uomo. Stan Lee (nato Stanley Martin Lieber), figlio di ebrei romeni emigrati a New York (stessa estrazione e generazione di suoi contemporanei concittadini come Walther Matthau e Kirk Douglas). Un ragazzo dall’immaginazione febbrile che dopo gli studi – viene assunto come garzone della Timely Comics che nel 1961 diventerà edizioni Marvel.
A partire dagli anni sessanta Lee, assieme a collaboratori come Jack Kirby, inventa una forma narrativa che dialoga coi lettori e dota personaggi come l’uomo ragno, Iron Man, Thor, Captain America, i Fantastici Quattro, Hulk e molti altri con un introspezione ed uno spessore precedentemente sconosciuti nei pulp comics.
Neanche lui avrebbe però potuto prevedere l’attuale apoteosi hollywoodiana delle sue creature. La Marvel è ormai un conglomerato multimediale (edizioni, ludica, cinema) acquistata dalla Disney. E Lee è venerato come patriarca e padre fondatore dalle ultime generazioni di fan che disquisiscono convolute esegesi dei beniamini con la passione di studiosi talmudici.
Una dominazione globale che non conosce confine: i prossimi titoli annunciati comprendono Realm of the Tiger con un supereroe cinese e il nuovo fumetto di Black Panther, super eroe filologicamente afro americano affidato alla penna di Ta Nehishi Coates. Allo stesso tempo il genere vive evoluzioni autoironiche e autoreferenziali come Deadpool, (più derivati «esterni»Super, Kickass–Jeeg Robot). A 93 anni Stan Lee rimane una forza della natura: spiritoso, autorinico e instancabile ingegnere pop-culturale. Lo incontriamo a Los Angeles
Come ha cominciato?
Mi piacerebbe potervi raccontare che da piccolo ero un mnigherlino umiliato dai bulli e per questo ho inventato i supereroi. Ahimé ho avuto un infanzia placida e felice. Se qualcuno tentava di attaccare briga io ci ragionavo fino a farli desistere. Avevo un parlantina tale che dopo un po’ preferivano lasciare perdere (ride). La verità è che amo leggere – di supereroi e di eroi semplici. Adoro Dickens e Mark Twain, tutti i grandi scrittori. Per me tutti i loro protagonisti erano come supereroi, mi affascinavano. Il mio preferito era Sherlock Holmes, poi è arrivato Superman – mi vergogno a dire che purtroppo non l’ho inventato io. Fatto sta che i superuomini sono cominciati ad andare per la maggiore e il mio editore all’epoca mi ha detto perché non ci provi anche tu? E così abbiano cominciato conX Men e Spiderman, Hulk e gli altri…
Da dove veniva l’ispirazione per ogni personaggio?
Non so se chiamarla ispirazione o semplice ragionamento. L’Uomo Ragno ad esempio, avevo già fatto I Fantastici Quattro e gli X Men e l’editore un giorno mi dice, ‘perché non ne fai uno nuovo?’ Mi sono messo a pensare e la prima cosa con un supereroe devi decidere quale superpotere ha. C’era una mosca sul muro e ho pensato ‘sarebbe formidabile potersi arrampicare così’. Mi serviva un nome – ‘Uomo Mosca’? No. Insect Man? Neanche. Zanzara….? Poi mi è venuto in mente Spiderman, aveva un che di drammatico, e mi sono detto che sarebbe stato un adolescente perché non c’era mai stato un supereroe teenager. E infine ho deciso di dargli un sacco di problemi personali, perché anche li, non era mai stata provata una cosa simile. Ero tutto contento e sono corso nell’ufficio dell’editore e gli ho detto ‘ho un idea fantastica per quel nuovo personaggio!’ Dopo che gliel’ho spiegata lui mi guarda e fa: ‘Stan questa è la peggiore idea che tu abbia mai avuto’. (ride) Prima di tutto, mi spiegò, la gente odia i ragni, quindi uomo ragno è fuori discussione. Poi un teenager al massimo può essere un comprimario. E i problemi …i supereroi mica hanno problemi personali, per questo sono super! Accidenti se ero deluso quando sono uscito da quel ufficio. Ma si dà il caso che stessimo terminando una collana di racconti intitolata Amazing Fantasy. Dovevamo fare l’ultimo album e a nessuno importa cosa metti nell’ultimo numero. Così per metterci una pietra sopra ho fatto disegnare la storia dell’Uomo Ragno e l’abbiamo pubblicata in copertina. L’album è uscito e me ne sono dimenticato. Un mese dopo sono usciti i dati delle vendite e quell’editore è venuto di corsa da me urlando: «Stan, Stan, ti ricordi quel tuo personaggio Spiderman che ci era piaciuto così tanto….?» (ride)
Per questo la chiamano il re dei fumetti?
Non ero certo l’unico ci sono un sacco di bravissimi autori e disegnatori. Credo forse di essere stato fortunato, di essermi trovato al posto giusto nel momento giusto. All’epoca la maggior parte degli autori considerava di scrivere unicamente per i bambini che erano ancora il target dei comics. Io invece ho deciso di provare a fare fumetti per adulti, di scrivere storie che io stesso avrei voluto leggere. E volevo usare un vocabolario forbito. Se un ragazzo non avesse capito una parola avrebbe potuto dedurre il significato dal contesto magari andarsela a guardare su un dizionario, che poi non fa mica male…
E I suoi pesonaggi vivono in un mondo riconoscibile
Cerco di tenermi informato, ascolto molto la radio, le notizie, cerco di essere al corrente di quello che succede nel mondo e quando è possibile inseriamo quei fatti nelle nostre storie per far si che i lettori siano più partecipi e le trame più significative. È un altra cosa che non era stata tentata prima. Se ci pensi Batman viveva a Gotham City e Superman a Metropolis.I miei personaggi invece abitavano a New York- dopo questa intervista magari ce ne saranno un paio che vivono a Roma (ride). Usavamo l’attualità perdare un senso di autenticità alle nostre storie fantastiche.
A proposito di Roma, è vero che lei ha conosciuto Federico Fellini?
È venuto a trovarmi una volta, avevo un ufficio a New York City e mi ricordo che fu abbastanza buffo. È arrivato con cinque assistenti, tutti e cinque vestiti uguali con identici impermeabili neri. Anche Fellini ne aveva uno, solo che lui lo teneva sopra le spalle, come ogni buon regista che si rispettasse all’epoca. Gli altri invece lo indossavano e avevamo un corridoio molto stretto così sono arrivati in fila Indiana: Fellini primo poi gli altri ognuno un po’ più basso del precedente, sembrava davvero la scena di un cartoon. Lui era un tipo fantastico e quando mia figlia venne in Italia qualche anno dopo la portò a visitare la città, un uomo squisito. Grandissimo regista e grande uomo.
Che ruolo ha la scienza nelle sue storie?
Ho sempre cercato di dare un tono di plausibilità scientifica. Ad esempio i fantastici quattro hanno sviluppato i loro poteri dopo essere stati bombardati da raggi cosmici. E Bruce Banner è diventato Hulk perché è stato esposto a radiazioni gamma. Ora io vi confesso che non ho la minima idea cosa sia un raggio cosmico e men che meno una radiazione gamma. Ma suona scientifico, per questo immagino che ci sia gente che creda che io sia un grande scienziato.
I suoi personaggi sono ormai stati reinterpretati da Hollywood. Il genre supereroico domina il cinema commerciale
Esisteranno sempre persone che vogliono avere stimolata l’immaginazione, contemplare avventure su scala gigante. Al stesso tempo credo ci sarà sempre spazio per storie normali interpretate da personaggi con vite ordinarie. Molti dei miei film preferito sono proprio di questo genere, parlano di situazioni realistiche film come…E l’uomo creò Satana che non hanno nulla a che vedere con i superpoteri. È vero attualmente può sembrare che non si produca altro che film di supereroi ma è destinato anche questo a cambiare. Come è successo coi western che anni fa erano diventati quasi un genere unico. Ora esistono ancora ma certo molti di meno. Io credo che qualcosa di simile avverrà con i supereroi. E forse arriverà il giorno in cui la gente dirà ‘un altro tizio in costume che si dimena, basta.’ Ma penso che i creativi della Marvel almeno siano in grado di produrli in modo che la gente non si stanchi e di trovare nuove direzioni, come abbiamo visto con Deadpool. Il giudice finale sarà sempre il pubblico e se decideranno di averne visti abbastanza smetteremo di farli.

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