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Squitieri, uomo coerente solo a se stesso

Squitieri, uomo coerente solo a se stessoPasquale Squitieri

Cinema Morto a 79 anni il regista napoletano. Dal «Prefetto di ferro» al discusso «Claretta», passando per le sue posizioni politiche di destra - senatore con Alleanza Nazionale nel 1994. Fu legato sentimentalmente per vent'anni con Claudia Cardinale

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 19 febbraio 2017

Pasquale Squitieri se n’è andato dopo una vita singolare. Napoletano del 1938, ha detto la moglie Alessia Fusco che, dopo il grave incidente stradale di cui era stato vittima lo scorso anno non si era più ripreso e negli ultimi tempi aveva problemi di deambulazione. Noi preferiamo ricordarlo sanguigno, vitale, eccessivo, anticonformista sino al fascismo. Perché Squitieri è stato tutto e il contrario di tutto. Il padre lo voleva avvocato, e lui si è laureato, poi è finito a lavorare al Banco di Napoli. Situazione non trascurabile perché molti anni più tardi, quando era ormai un regista conosciuto, venne arrestato in aeroporto mentre stava partendo per il Festival di Mosca dove Razza selvaggia aveva vinto un premio. Condannato, scontò diversi mesi in isolamento, per avere avallato l’incasso di un assegno falso e per non avere accettato la scappatoia che gli era stata proposta.

Ma come era arrivato allo spettacolo dalla banca? Suo zio lavorava con Ettore Giannini, regista di Carosello napoletano, e Pasquale chiese di poter lavorare con Francesco Rosi quando stavano per girare a Napoli Le mani sulla città. Riuscì a lavorare, gratis. Poi Rosi lo portò a Roma per farlo recitare in una commedia di Patroni Griffi. Ma l’attore non sembra il suo ruolo. Divenuto redattore a Paese Sera, stupì e incuriosì Zavattini per aver fatto desistere un disoccupato che voleva gettarsi dal Colosseo. Tempo prima era stato assolto per una rissa con un poliziotto che al Festival di Spoleto aveva insultato l’attrice Anna Maria Guarneri protagonista di La battaglia, una sua pièce sui fatti di Valle Giulia. Era un momento in cui Squitieri frequentava Scalzone e Volonté e insieme animavano Zero, «un collettore di contestazioni» come lo ha definito lo stesso Squitieri in una intervista a Malcom Pagani. Nei primi anni ’70 firmò anche la lettera aperta sulla morte di Pinelli e l’autodenuncia di solidarietà a Lotta Continua.

Il debutto come regista è del 1970 con Io e Dio, prodotto da De Sica. Poi un paio di western con pseudonimo, la stima e l’amicizia di Sergio Leone e altre regie: Camorra, I guappi, Il prefetto di ferro, Corleone e Claretta che scatena infinite polemiche per l’approccio usato verso la donna del Duce. Anche perché, nel frattempo, Squitieri politicamente è cambiato, spostandosi a destra. Al punto che nel ’94 venne eletto senatore per Alleanza Nazionale. Trombato alle elezioni successive.

Ma lui è così anticonformista che qualche anno dopo trovò nuova linfa politica coi Radicali di Pannella e, che Dio lo abbia in gloria, fedele al suo cliché, in una trasmissione radiofonica affermò che il leghista Borghezio avrebbe dovuto essere eliminato fisicamente perché unica cosa che potrebbe capire. Compagno per un paio di decenni di Claudia Cardinale, Squitieri non ha mai smesso di fare film, seppure con meno successo di un tempo. Sfrontato, con quegli occhi chiarissimi e inquisitori, con la sigaretta sempre in bocca, l’aria e l’abbigliamento da guappo Squitieri è sempre stato una presenza scomoda e disagevole, coerente solo con se stesso.

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