Italia

Spretato (ma non scomunicato) Inzoli, il don accusato di pedofilia

Comunione e Liberazione Dopo la condanna italiana in primo grado, Papa Francesco lo dimette dallo stato clericale

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 29 giugno 2017

Mauro condannato dal Tribunale di Cremona (in primo grado) a 4 anni e 9 mesi. Inzoli non più monsignor CL né «don Mercedes» (non può più celebrare nulla di sacro). Per lui è arrivata la sentenza definitiva, datata 20 maggio con la firma di papa Francesco, trasmessa alla Congregazione per la dottrina della fede e ieri mattina annunciata dal vescovo Daniele Gianotti davanti a tutti i sacerdoti della diocesi di Crema.

Mauro Inzoli, 67 anni, è stato conclamato protagonista nel periodo 2004-2008 di episodi di violenza sessuale su ragazzi in età compresa fra i 12 e i 16 anni. Alcuni durante i «soggiorni spirituali» a Falcade nel Bellunese e in altre località di villeggiatura. Una vicenda che ha segnato Crema ma l’eco ha imbarazzato la fraternità religiosa di Comunione e liberazione, la Compagnia delle Opere e il comitato organizzatore del Meeting di Rimini.

Inzoli è un personaggio di primo piano nella «chiesa dentro la chiesa»: era a fianco di don Giussani, animatore di Gioventù Studentesca, parroco della Ss. Trinità e rettore del liceo linguistico Shakespeare a Crema. Per 14 anni presidente del Banco Alimentare, ospite d’onore a Rimini, ma anche legato a filo doppio con il “celeste” governatore Roberto Formigoni. Sempre con uno stile di vita tutt’altro che francescano, Inzoli era il punto di riferimento in Lombardia della comunità ciellina a cavallo fra fede, politica, economia.

Finché è affiorata la sua vocazione alla pedofilia. Benedetto XVI aveva emesso un drastico provvedimento: riduzione allo stato laicale. Il 27 giugno 2014 papa Francesco aveva preferito la «pena medicinale perpetua», imponendo «una vita di preghiera e di umile riservatezza come segni di conversione e di penitenza». Ma Inzoli non ha esitato a partecipare al Pirellone ad un convegno omofobo né a sentirsi al di sopra di tutto. Così Franco Bordo (deputato eletto da Sel, ora con i bersaniani) ha interpretato la voglia di verità e giustizia di Crema, presentando un esposto alla Procura della Repubblica che ha aperto il fascicolo di indagine e rinviato a giudizio Inzoli.

Nell’udienza preliminare gli avvocati difensori Nerio Diodà e Corrado Limentani puntano al rito abbreviato. Lo ottengono e, dopo il risarcimento delle 5 parti civili con 25 mila euro a testa, Inzoli va alla sbarra per 8 episodi di violenza sessuale perché gli altri 15 sono ormai prescritti. Agli atti, il sacerdote ciellino (definito un «idolo meritevole di venerazione» dagli stessi genitori) si permetteva baci, carezze, abbracci, pesanti palpeggiamenti nei confronti di ragazzi incapaci di reagire, soprattutto perché psicologicamente sottomessi a Inzoli. E il procuratore Roberto Di Martino nella sua requisitoria aveva sollecitato una condanna a 6 anni di reclusione. Il gup di Cremona Letizia Platè sentenzierà 4 anni e 9 mesi.

«La giustizia italiana ha fatto il suo corso. E ora arriva anche il pronunciamento del papa – commenta Bordo – Dopo anni di silenzi, omertà e coperture, nonostante la mancata collaborazione del Vaticano, si è riusciti a ricostruire i reati legati a circa 20 episodi accertati, purtroppo forse non tutti. Rimane la vicinanza al dolore delle vittime e tanta amarezza: se i fatti fossero stati denunciati da chi di dovere e con tempestività, alcune non avrebbero subito quella terribile esperienza».

E dopo la condanna italiana arriva quella vaticana: «In quanto dimesso dallo stato clericale, non potrà esercitare il ministero sacerdotale né presiedere le celebrazioni sacramentali, neppure in forma privata; tuttavia – è bene precisarlo – non è scomunicato: resta un membro della chiesa, un fratello in Cristo», si legge nel comunicato ufficiale del vescovo Gianotti, che alle vittime di violenza sessuale e alle loro famiglie assicura: «A loro va ancora una volta tutta la solidarietà mia e della nostra chiesa, che non può non provare un profondo dolore per il male compiuto da uno dei suoi preti».

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