Spregiudicate improvvisazioni di una metropoli imperfetta
Note sparse «Rome Open Music Experience», prezioso album che illustra un importante filone di musica aleatoria. a curatrice - Francesca Gemmo, racconta gli anni d’oro del genere
Note sparse «Rome Open Music Experience», prezioso album che illustra un importante filone di musica aleatoria. a curatrice - Francesca Gemmo, racconta gli anni d’oro del genere
Chi l’avrebbe mai detto che nella Roma degli anni ’50 del secolo scorso, la Roma del papa sovrano, dei borghi, degli scandali politici dc, la Roma metropoli imperfetta, in quella Roma nascesse una tendenza musicale tra le più avanzate e spregiudicate del momento.
«Ricordo che anche Franco Donatoni in una intervista sosteneva che Roma in quel tempo era più vivace culturalmente di Milano» dice Francesca Gemmo, pianista, improvvisatrice, compositrice, milanese doc, animatrice insieme a Sergio Armaroli di uno dei circoli musicali di punta nell’Italia d’oggi. Gemmo ha curato per l’etichetta Da Vinci un cd intitolato Rome Open Music Experience. Vi si illustra un filone di musica aleatoria che a Roma ha prodotto opere importanti a partire dagli anni ’50, appunto, e che è rimasto vivo nei ’70 e ‘80 fino agli anni 2000.
I nomi degli autori sono quelli di Franco Evangelisti, Giacinto Scelsi, Domenico Guaccero, Marcello Panni, Walter Branchi e Giancarlo Schiaffini. I nomi degli interpreti, in varie combinazioni, sono quelli di Gianni Trovalusci (flauti), Francesca Gemmo (pianoforte) e Sergio Armaroli (percussioni).
Dice Gemmo: «Noi tre eravamo da tempo immersi nelle pratiche dell’improvvisazione e dell’aleatorietà. Abbiamo registrato in tempi rapidissimi perché il cd fosse pronto per il convegno di Nuova Consonanza che doveva essere la celebrazione dei sessant’anni dell’Associazione e in parte di questa “scuola” romana di musica aleatoria (il convegno si è svolto il 12 e 13 dicembre scorsi, ndr)».
Il brano più recente, del 2023, è di Schiaffini e si intitola Rib Trio. Come mai voi interpreti siete battezzati Rib Trio?
Oh, è per via dell’episodio di note ribattute che c’è all’inizio del brano.
La dizione musica aleatoria accomuna opere molto diverse di autori molto diversi, da Proiezioni sonore per piano (1955-’56) e Proporzioni Strutture per flauto (1958) di Evangelisti a Looking South West per trio (2010) di Branchi. È proprio il termine giusto? Aleatoria dovrebbe essere una musica in cui l’autore lascia ampie possibilità di elaborazione istantanea all’interprete.
Ci sono differenze su questo punto. Per esempio, il brano di Branchi lascia davvero molta libertà agli interpreti. Qui il compositore dà indicazioni verbali e poco più. Evangelisti è più restrittivo. Lui cala le sue strutture sonore, molto ben definite, su un evento nel quale gli interpreti scelgono come gestire tempo e spazio e allora la libertà può essere ampia.
Ma l’autore nella sua logica compositiva, sia pure limitata alle parti annotate, si affida al caso o no?
Faccio altri esempi. Schiaffini ha in mente l’improvvisazione ma rimanda a una certa fedeltà alla scrittura. Panni in Déchiffrage scrive come per una lettura a prima vista. Branchi, ecco, forse lui è veramente aleatorio anche nella sua parte ideativa». Ci sono altre opere da scoprire in questa open music experience romana? «Immagino che ce ne siano parecchie di Guaccero, uno che amava sicuramente questo modo di fare musica».
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