Spiritelli degli alberi alla riscossa
Wudz è la trascrizione fonetica dell’inglese woods (bosco): è anche il nome della casa editrice che sceglie di inoltrarsi tra montagne e foreste indagando spazi viventi, selvatici e botanici territori dell’immaginario che si srotolano in una interconnessione perenne. Questa volta si cammina lungo i bordi delle campagne coreane insieme a Soktary, ragazzino diligente che aiuta suo padre nella raccolta di erba secca, unica loro merce da vendere. Il Mago di H. B. Hulbert (1863 -1949) è un romanzo di formazione incantato dove un vecchio (il mago Omjee) e un bambino condividono le storie del mondo, districandosi fra animali parlanti, sirenette in magnifici palazzi in fondo all’oceano che si ammalano, tigri pericolosissime ma che ammirano volpi astute, fate che combinano guai.
Scritta da Hulbert, giornalista americano, missionario e fautore dell’indipendenza di Corea, questa lunga favola che pesca nelle leggende del paese ricorda una Mille e una notte al maschile (senza minacce di morte) con il suo mosaico di personaggi che mescolano e riprendono fili di trame antiche.
Si può rimanere in Corea e all’ombra di fitte foreste anche con il gatto Mo dell’illustratrice Yeonju Choi: lei, quello vero, lo ha trovato per strada e da allora è diventato un personaggio carismatico delle sue storie. È lui che non riuscendo a dormire vede una luce brillante e comincia a cercarla, curioso di farne la conoscenza. Alla fine, la luce sarà il pretesto per avventurarsi in un altrove, vincendo le titubanze. Gatto Mo e gli amici del bosco è il delizioso albo di quotidiani (e inaspettati) incontri di un micio vagabondo, pubblicato nella bella edizione cartonata da Feltrinelli (traduzione di Giuliana Parziale, pp. 168, euro 18).
Il bosco è un motivo ricorrente in queste uscite autunnali: da sempre, nelle fiabe, è uno spazio liminare, imperscrutabile. Un luogo dove ci si perde e si superano prove, un territorio in cui si possono ribaltare i ruoli, accedendo a dimensioni fantastiche. Susan Clarke nel suo Il bosco d’inverno (Fazi, pp. 64, euro 10), illustrato da Victoria Sawdon, presenta una giovane visionaria, Merowdis Scott, capace di parlare con alberi e animali. Ragazza anticonvenzionale, fuori da ogni schema, si aggira in una natura pulsante con i suoi due cani e la maialina Apple. Presto, sarà risucchiata in una storia di morte e rinascita, che solo sua sorella Ysolde potrà comprendere in tutta la sua straordinarietà.
Sono abeti bianchi quelli che circondano l’abitazione di Charlie, bambino che ha come compagno di giochi il cane Milo. Ma questo un giorno scompare, addentrandosi nella inquietante foresta che circonda la sua casa. Non resterà che seguirlo, lottando contro i propri fantasmi fino alla sorpresa finale. Charlie nella foresta è un racconto di coraggio scritto per i più piccoli da Chiara Lossani, con l’animazione visiva affidata agli acquerelli e pastelli di Maria Cristina Bet (Storiedichi edizioni, pp. 36, euro 16): ancora una volta un romanzo di formazione e autonomia raggiunta, che prende spunto dal paesaggio di Camaldoli, famoso proprio per lo svettare dei suoi abeti bianchi.
Il Kodama è uno spiritello portafortuna della tradizione giapponese: abita fra i tronchi e i rami di alberi e arbusti, naturalmente nei boschi: la loro dolce presenza l’abbiamo scoperta con Hayao Miyazaki. È a loro che è dedicato il libro di Bimba Landmann, Noi Kodama (Camelozampa, pp. 112, euro 22), autrice e illustratrice di Milano con radici in Lettonia. Lillipuziane creature, dipingono con fili d’erba, piume, foglie, fiori, trasformano la luce in cibo, se sono tristi fanno amicizia con un picchio o una quercia, se piove trovano riparo sotto i funghi. Nel ciclo delle stagioni scelgono novembre come mese dei misteri e a dicembre, quando fuori infuria la bufera, imparano «dagli animali in letargo a respirare il lungo respiro della foresta in inverno». Il celebre regista di magnifici film d’animazione dà anche il titolo al romanzo La ragazza che amava Miyazaki di Silvia Casini, Raffaella Fenoglio, Francesco Pasqua (Einaudi Ragazzi, pp. 320, euro 15,50). Al centro del libro c’è la diciottenne Sofia, appassionata di manga, di Giappone e, soprattutto, di quei sogni a occhi aperti che regala il cineasta dello studio Ghibli con ogni sua sequenza ammaliante. Insegue sui muri del suo paese il writer segreto che distilla immagini tratte da Miyazaki. Per lei, sarà l’inizio di un grande amore.
Ha una fantasia sfrenata anche La piccola violinista di Jon Fosse, lo scrittore norvegese premio Nobel per la letteratura 2023 (Iperborea, pp. 32, euro 16, disegni di Oyvind Torseter, traduzione Eva Valvo). Le sue mani davanti agli occhi funzionano da caleidoscopio: è così che infrange i confini della realtà a favore di altri mondi. Col suo speciale «binocolo», lei vede suo padre naufrago. Dovrà viaggiare a lungo, con le sue note racchiuse nella custodia del violino, per raggiungerlo e salvarlo attraverso il potere della musica, in grado di aprire passaggi fra impervie onde.
Protagoniste assolute sono anche le ragazzine dello scrittore americano Mark Twain (1835-1910) nello scanzonato vademecum che torna con Mondadori (lo aveva pubblicato anche Donzelli): Consigli alle bambine (Mondadori, pp. 24, euro 16, illustrato da Giulia Tomai e tradotto da Beatrice Masini). Uscì nel 1906, mascherando con la «buona educazione» vere azioni ribelli (dal coprire di fango il proprio fratello alle boccacce alla maestra): sovversioni che fra le righe sono suggerite a bambine di un’epoca in cui la selvatichezza di comportamenti femminili non era prevista.
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Torna Ursula K. Le Guin
Nelle aspre e selvagge Altelande, vivono uomini che possiedono doni meravigliosi tramandati per via ereditaria da che si ha memoria del mondo: possono evocare animali e mutare paesaggi. Ma sono anche terribili, perché possono ottenebrare le menti o infliggere malattie. Ursula K. Le Guin torna con una nuova traduzione di «Gifts», il libro uscito quasi vent’anni fa (a tradurlo è Stefano Andrea Cresti per Mondadori, pp. 334, euro 17). Le Guin (Berkeley,1929 – Portland 2018), figlia di un noto antropologo e
di una scrittrice, ha iniziato a inventare storie fin da bambina; è divenuta famosa nel 1969 vincendo sia il premio Nebula sia il premio Hugo per «La mano sinistra del buio».
Omaggio a Tove Jansson
Per gli ottant’anni compiuti dai Moomins la Finlandia festeggia la sua creatrice. «Tove Jansson: Paradise» è la grande mostra dedicata alla scrittrice, artista e grafica dall’Ham Helsinki Art Museum (fino al 6 aprile 2025), che presenta anche la produzione murale di Jansson, dai piccoli dipinti decorativi alle opere monumentali per spazi pubblici. L’autrice ha usato i Moomintrolls (l’esordio dei personaggi fu nel 1945) come marchio di fabbrica in molti suoi lavori monumentali, tra cui «Party in the City» e «Party in the Countryside», che ha dipinto nel ristorante del municipio di Helsinki. In mostra anche sei schizzi a grandezza naturale «srotolati» per la prima volta e poi fotografie, opere su vetro, video e copertine di libri.
Martin lo scheletro
Dall’Estonia arriva la deliziosa storia di «Martin lo scheletro», scritta da Trrinu Laan e illustrata da Marja Liisa Plats (Sinnos, traduzione di Daniele Monticelli, pp. 80, euro 13). Martin va «in pensione» dalla scuola dove serviva per le lezioni di anatomia e finisce a casa di due dolci nonni-vecchietti. Comincerà per lui una nuova vita, piena di affetti e avventure. Non sarà mai più solo, godrà delle coccole dei nipotini, li aiuterà a superare le paure così come sventerà furti nella baita dei due anziani, suoi amici. A tutti gli effetti, diventerà un membro della famiglia e quando gli capiterà di doversi allontanare, portato in mostra da un artista per rappresentare «lo scheletro nell’armadio», non vedrà l’ora di tornare nella sua casa confortevole. La morte imminente dei vecchietti ormai non spaventa più nessuno, è semplicemente un «passaggio» a un altro stato. (a. di ge.)
Dalla arcaiche libellule alle inventive specie di farfalle
«Se dovessimo eliminare gli insetti da questo pianeta, nel giro di pochi mesi gran parte delle altre forme viventi sparirebbe dalla faccia della Terra. E con loro il genere umano». È questa la cupa profezia dell’entomologo Edward Osborne Wilson. Meglio allora fare una ricognizione delle creature che hanno il doppio ruolo di infestare (l’invasione delle cavallette o dei parassiti delle piante) e insieme salvare (il mantenimento della biodiversità, il ruolo fondamentale di riciclatori, il rifornimento di cibo per molte specie animali). La loro conoscenza è molto lacunosa, perché le specie sono infinite e così le caratteristiche di ogni famiglia di insetti.
A venire in aiuto è allora uno stupefacente albo, edito da Rizzoli, che vede la collaborazione attiva della Royal Entomological Society (ha una illustre storia, in quanto fu fondata nel 1833). Si chiama Insectarium, con i testi del docente e biologo David Goulson e le strabilianti illustrazioni di Emily Carter (pp. 100, euro 27, traduzione di Francesco Orsenigo) che rimandano alle collezioni in teche di stampo ottocentesco accompagnate da un tocco surrealistico. Con una serie capitoli che narrano l’albero genealogico e le evoluzioni dei viventi, il libro fa scoprire come fra le specie più arcaiche ci siano le eleganti libellule ma anche le odiate blatte, seguite da termiti, mantidi, cavallette, grilli, insetti stecco. Gli habitat? Foreste pluviali, giardini, stagni. (a. di ge.)
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