L’ambivalenza femminile, tema di un seminario della Società Italiana delle Letterate nel 2014 e di un successivo volume edito da Iacobelli a cura di Annamaria Crispino e Marina Vitale, è un topos letterario dalle molteplici declinazioni, tante e tali che non possono essere elencate qui.
Il romanzo Bianca di Francesca Pieri edito da DeaPlaneta (pp. 256, euro 16) è costruito proprio su questo topos: due donne, Costanza – la narratrice – e Silvia si conoscono a un evento di lavoro, si scelgono e iniziano a condividere, come non fanno con nessun altro, confidenze, risate, desideri. Il testo racconta, così, in modo piano, la storia di due amiche e di come la vita sappia essere crudele e beffarda, mentre l’amicizia tra donne risulta essere la più tenace forma di resistenza al dolore.

IL FRASEGGIO del romanzo non solo è una sorta di lettera a Silvia, ma è anche puntellato da pensieri in corsivo che costituiscono ciò che Costanza vorrebbe dire all’amica, ma non può. Infatti a un certo punto della sua vita avviene una rottura a causa della quale le due donne smettono di frequentarsi. Solo che per comprendere ciò che le sta accadendo, proprio a causa del meccanismo speculare dell’ambivalenza, Costanza ha bisogno di parlare con Silvia, di continuare il suo dialogo interiore con l’amica, per raccontarsi ciò che accade attraverso le parole che direbbe all’altra, come se questa fosse dentro di lei. Il testo crea, infatti, un’interessante analogia tra l’amicizia fra donne e la maternità. La sovrapposizione di queste due relazioni fondamentali è alla base dello svolgimento della trama ed è esplicitata nella scelta delle citazioni che aprono e chiudono il libro. L’esergo riporta i versi di una canzone del gruppo Antony and the Johnsons, You are my sister: «You are my sister / and I love you / May all of your, all of your dreams come true…». La conclusione del romanzo è invece affidata alla poesia di Mariangela Gualtieri Bestia di gioia: «La bambina è rimasta con me. / Non è mai nata…».

IN QUESTA CONNESSIONE evidente c’è tutto il tema della relazione femminista che dà alla luce l’altra da noi, producendo anche, o almeno dovrebbe, un antidoto all’invidia femminile causata dal patriarcato. E c’è qualcosa in più: «l’amore materno era diventato per te una faccenda poco chiara. Cosa intendeva chi ti aveva detto che era qualcosa di naturale e istintivo? È difficile». Per Silvia sarà arduo amare la sua bambina, ma anche necessario. Nel testo questa sovrapposizione fra amicizia femminile e maternità, questa ambivalenza viene narrata in modo anche retoricamente forzato, ma può spingere a riflettere su come la relazione fra donne possa avere non solo quell’aspetto che conosciamo, di incontro magico tra affinità, ma anche quello di spinosa necessità.