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Spine di Corsica nel fianco della Francia

Spine di Corsica nel fianco della FranciaEdmondo Simeoni, leader storico dell'autonomismo corso

Il libro Luci e ombre di «La Corse, le cactus de la République», dell’ex prefetto Paul Bernard

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 20 aprile 2014

In Italia esistono libri sulle aree d’interesse politico più svariate, ma la Corsica rimane oggetto di un disinteresse inspiegabile. Per questo molti continuano a considerarla soltanto una meta delle vacanze estive. La realtà è molto diversa. Dal 1982 a oggi, infatti, l’isola ha assunto un ruolo sempre più diverso rispetto alle altre regioni francesi, imponendendosi come un laboratorio politico che ha come obiettivo finale la conquista dell’autonomia.

Naturalmente questo mette in discussione il dogma giacobino della repubblica «una e indivisibile». Sarebbe quindi un grave errore pensare che il dossier corse, cioè la questione corsa, fosse un semplice problema locale, perché invece rappresenta un tema di portata nazionale che riguarda l’intera repubblica.

Questo spiega perché molti prefetti dell’isola hanno raccontato la propria esperienza in un libro: uno dei più interessanti è Le Prefet, homme A tout faire de la Republique (Editions Alain Lefeuvre, 1977), scritto da Marcel Savreux, prefetto dal 1952 al 1958. Uno dei suoi successori, Paul Bernard (1983-1985), ha invece pubblicato recentemente La Corse, le cactus de la République (Editions du Cherche-Midi, 2014). L’autore, già prefetto anche in altre regioni francesi, sottolinea giustamente che non si può continuare a parlare dell’isola come di una realtà fastidiosa, vedendone soltanto le spine (da cui il titolo), ma che è venuto il momento di considerarne anche i fiori.

Il libro, che analizza i vari aspetti della vita sociale e politica isolana, presenta luci e ombre. Bernard ha ragione quando smitizza i contatti internazionali dei separatisti isolani: «La Corsica suscita poco interesse nei movimenti rivoluzionari stranieri». Al tempo stesso, però, dimentica di sottolineare che l’altro ramo della famiglia nazionalista, gli autonomisti, è riuscito a costituire una solida rete europea di movimenti e partiti affini. Ancora più grave è l’errore che Bernard commette quando parla di Edmond Simeoni, perché afferma che la figura storica dell’autonomismo isolano «ha fatto fatica a prendere le distanze dall’indipendentismo». Questo è assolutamente falso: Simeoni ha ribadito la sua posizione autonomista e il netto rifiuto della violenza in mille occasioni e nei suoi libri.

L’ex prefetto sottolinea acutamente che la vita politica locale è ancora troppo ripiegata su se stessa, mentre dovrebbe aprirsi maggiormente verso l’esterno. Bernard è convinto che in Corsica esistano forze capaci di trasformare l’isola in una realtà moderna e dinamica. Per questo chiama Parigi a fare la propria parte. Coerente col suo passato istituzionale, l’autore sottolinea più volte la fedeltà alla logica repubblicana: in Francia questa non racchiude la generica alternativa alla forma monarchica, ma un preciso richiamo allo spirito giacobino che costituisce l’essenza profonda della Francia nata dalla Rivoluzione.

Non a caso Bernard aderisce all’associazione République Exemplaire, che sul suo sito scrive fra l’altro: «Tre secoli fa il mondo parlava e leggeva francese. Ci invidiava. Niente era stato più grande dai tempi di Atene e di Roma». Questo richiamo alla grandeur non è certo il modo migliore per promuovere un dibattito costruttivo fra Parigi e Ajaccio.

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