Per chi aveva molto apprezzato Spider-Man – Un nuovo universo (attualmente visibile sulla piattaforma Disney+), l’attesa è terminata. Quattro anni e mezzo dopo la sorprendente avventura (premiata con un Oscar) legata al celebre personaggio della Marvel, piegata alla logica del Multiverso e con protagonista Miles Morales, il ragazzino di Brooklyn punto dal ragno radioattivo e destinato a prendere l’eredità di Peter Parker morto nell’ennesimo tentativo di salvare il Pianeta, ecco che arriva Spider-Man: Across the Spider-Verse, il secondo episodio di questa trilogia «riformista», diretto questa volta da Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson.

QUESTO nuovo capitolo non deluderà chi vorrà perdersi nel groviglio di storie e di mondi paralleli, di tempi e luoghi che si sovrappongono e danno vita a un ciclo ininterrotto di avventure che sembrano arrivare a un punto finale e che, invece, sono la premessa di una vicenda ancor più intricata. D’altro canto, è nella natura del Multiverso aprirsi all’infinitamente possibile, replicando le domande che ossessionavano i filosofi sin dall’antica Grecia, quando ci si interrogava sull’essere e il non essere, sul determinato e l’indeterminato, sul perché questo e non quello, sulla verità e le opinioni. Da questo punto di vista, i diversi Spider Men e il loro principale antagonista, appaiono come delle semi-divinità che si fronteggiano per difendere l’ordine o scatenare il caos, per far sussistere l’essere o per generare il nulla da cui nient’altro può nascere. Nel mezzo, l’umanità che nel quotidiano procede tra i piccoli affari sottostimati sia dalla filosofia che dal puro intrattenimento. Anche se…
Embarghi e richieste di non spoilerare il film, impediscono persino i più onesti tentativi di raccontare la trama perché, come anticipato, ogni segmento nel suo compiersi dà il via a uno seguente e così per l’intero arco narrativo fino alla conclusione che, a sua volta, rimanda al terzo episodio, Spider-Man: Beyond the Spider-Verse.
Restando sul vago, Miles Morales, l’Uomo Ragno di uno dei tanti mondi, viene a contatto con altri suoi omologhi che agiscono negli universi paralleli e, soprattutto, con Gwen Stacy, la Spider Woman che con il ragazzo condivide le incertezze e tormenti di una gioventù strattonata tra l’essere perennemente figli e il sentirsi improvvisamente chiamati all’età adulta. Insieme si trovano a combattere un nemico comune che minaccia l’esistenza di tutti.
La lotta porta con sé alleanze e divisioni come accade sovente in queste occasioni. La differenza tra un eroe e l’altro, perciò, sta nel saper prendere le distanze dagli eventi, nel cercare la fredda imparzialità e nell’esser mossi da un solo obiettivo, salvare le più disparate forme di vita. Tuttavia, la natura umana del supereroe può costituire un impedimento. I sentimenti sono, in un certo senso, il Multiverso interiore di ogni individuo, ciò che lo moltiplica tra il cosiddetto senso del dovere e l’appartenenza a qualcosa di più intimo e personale. È la solita e ineludibile storia del singolo che è chiamato, pur non avendolo richiesto, a farsi carico di una collettività. Perché l’Uomo Ragno è tale per un incidente. Non è un condottiero che ha cercato il suo popolo. È stato così per Peter Parker, per Miles Morales e per tutti gli altri.

DIVERTENTE e ironico, fino a essere demenziale (la carrellata dei diversi Spider Men è notevole), naturalmente votato all’azione e all’enigma, Spider-Man: Across the Spider-Verse ha un ritmo forsennato, amplificato da un’animazione che non lascia mai riposare l’occhio, con esplosioni di colori e figure mai statiche e delineate.
Eppure, nel vorticoso incedere degli eventi, vi è spazio per momenti introspettivi nei quali immancabilmente torna d’attualità la relazione tra genitori e figli. Una reciprocità, seppur non speculare, nella quale il più giovane non sa come rivelare il proprio demone, e il più anziano non comprende come accettare quell’unicità, quella scelta così eccentrica di essere se stessi. In tal senso, questa nuova saga dell’Uomo Ragno, relativamente innovativa per aver percorso sentieri ancora inesplorati, si trova a seguire tracce piuttosto note.