Visioni

Sperimentazioni musicali fra la terra e la volta celeste

Sperimentazioni musicali fra la terra e la volta celeste

Paesaggi sonori Un ricordo di Eugenio Giordani, jazzista, docente e pioniere dell’elettronica applicata alla videoarte

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 15 maggio 2020

C’è un terra di mezzo dove la musica, e non solo la musica, vive per aria: sono le Marche del distretto degli strumenti e dell’elettronica, del soffio armonico di Castelfidardo. Dell’Eko Ranger, recanatese come Leopardi, in braccio a Jimmy Page (ma anche dell’organo Eko Tiger accarezzato da Enrico Gabrielli), dello sferisterio maceratese e della sonosfera dentro i Musei Civici Pesaresi; siamo nel territorio e creazione materiale artigiana vocata alla propagazione di suoni.

In questo contesto ha lavorato e composto Eugenio Giordani, diplomato al Conservatorio Rossini di Pesaro in Pianoforte Principale e Musica Elettronica (cattedra di cui è stato titolare), responsabile del Laboratorio Elettronico di Musica Sperimentale, jazzista. Ingegnere elettronico progettista di castelli in aria dove ha accolto con generosità amici e collaborazioni, ha spaziato dalla psicoacustica al paesaggio sonoro, combinando la sua musica alle immagini della video arte.

QUESTA PARTE del lavoro di Giordani, condotta con il video maker Roberto Vecchiarelli, ha creato un legame decennale con la Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, oltre che con Sandra Lischi all’Invideo Festival di Milano. «Credo che le grandi accoppiate suono-immagine siano il frutto di uno sforzo dell’autore nel decifrare ed esaltare relazioni tra i due piani comunicativi in qualche modo risonanti. Ciò che è forse significativo nella combinazione è la forza reciproca che esercitano le due componenti. Tale forza si manifesta attraverso la materializzazione di una terza componente percettiva che non è ascrivibile all’una o all’altra individualmente, bensì nella loro compresenza».

Potrebbe essere il manifesto poetico di Giordani, una delle anime belle e virtuose cancellate dal virus che a Pesaro si è particolarmente accanito, specie con la musica, guastafeste maledetto che ha staccato la spina alla colonna sonora cittadina e a un universo di affetti rimasto orfano di quei suoni: come Giordani in un soffio, sono scomparsi, Sergio Guerra, rocker e anglista, e Mirko Bertuccioli fondatore dei Camillas e titolare di un fondamentale negozio di vinili e altre forme di musica.

In una stagione di asteroidi, di natura liberata che prende il sopravvento sugli umani come neanche negli incubi più sfrenati di Terry Gilliam stiamo attraversando una storia che ha connotati da science fiction che ricorda quelle delle trame sonore di Giordani: su tutte quella presentata nel 2005, alla 41esima Mostra del Cinema di Pesaro, nella gestione Spagnoletti, col progetto Well(s) Experiment, dedicato alla beffa radio di Orson Welles e alla Guerra dei mondi di H.G.Wells.

RICERCATORE di tecniche digitali di produzione del suono con Alessandro Petrolati, artista col dono della sintesi è stato capace di tradurre in partitura qualsiasi cosa: persino i dati meteo, utilizzando come parametri di controllo dentro algoritmi di generazione sonora-digitali le coordinate fisiche di temperatura, pressione, precipitazioni reinterpretati in chiave creativa e in grado di fornire risposte sonore congruenti. La generazione viene materialmente ottenuta attraverso un’applicazione di sintesi open source denominata CsoundQT e il procedimento complessivo si chiama sonification (da non confondersi con l’attualissima sanification).

GIORDANI l’ha realizzata con esiti sorprendenti anche catturando la voce di quelli che lui chiamava eterotopi; ambienti che sono anche ecosistemi fonetici come un ospedale psichiatrico abbandonato; al San Benedetto di Pesaro (illuminata gestione Cesare Lombroso nel 1872) ha musicato i passi di una danzatrice sui pavimenti impolverati.

Ha creato un progetto sonoro a partire da clangore che fa, aprendosi, la cupola di un Osservatorio Astronomico (il Lorenzo Valerio di Pesaro), o i fruscii dei fondi della Biblioteca Oliveriana mescolati ai suoni che dal cortile adiacente al Conservatorio, salgono lungo i suoi corridoi apparentemente silenziosi e vengono spazializzati: e il legame tra luogo e suono diviene parametro compositivo secondo la tecnica Ambisonica.

QUESTO particolare metodo viene applicato dentro un luogo di riproduzione denominato Space (Soundscape Projection Ambisonic Control Engine), risorsa tecnologica del Lems (Laboratorio Elettronico per la Musica Sperimentale) all’interno del Conservatorio Rossini di Pesaro: una punta di eccellenza nell’ambito del suono multicanale. Un sistema (unico in Italia), costituito da 21+1 altoparlanti posizionati perfettamente su una sfera intorno al pubblico, che permette di ricreare (o anche creare da zero) spazi dinamici acustici complessi di derivazione reale o virtuale, con elevato grado di realismo.

Stava scrivendo un libro, Giordani, dal titolo provvisorio Ombre Sonore dallo spazio profondo dove far confluire i materiali operativi e di ricerca (letterari, visuali e sonori) per la realizzazione di una video installazione sonora che avrebbe ripreso il lavoro storico dedicato al Welles radiofonico. L’eredità viene raccolta dal coautore Roberto Vecchiarelli – con la collaborazione Anthony Di Furia – che spiega: «La Guerra dei Mondi 2020 sposterà l’attenzione dallo spettatore televisivo – sopraffatto nei propri spazi privati dalle qualità illusorie e pervasive della televisione, insieme a quelle distruttive delle onde radio che si confondono con le notizie apocalittiche della storia recente – a quello riparato dai muri e impaurito dalle migrazioni di popoli provenienti da altri mondi. In entrambi i casi gli invasori si manifestano attraverso il suono che entra direttamente nelle case. L’ultima idea era quella di inserire la presenza di un’invasore invisibile come ‘il virus’».

ASCOLTO casalingo e digitale di presenze virali che ha anticipato il tempo che è arrivato portandosi via il talento visionario di chi lo ha immaginato e non sarà qui a raccontarcelo . Parafrasando Sylvia Plath, potremmo incontrarci in un’altra vita, più facilmente potremmo incontrarci ancora nell’aria.

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