Speranza: «Stop in tre anni alla contenzione meccanica»
Al via la seconda Conferenza Nazionale sulla salute mentale Al centro del dibattito il rilancio della sanità territoriale, ma nel Pnrr di disagio psichico non si parla
Al via la seconda Conferenza Nazionale sulla salute mentale Al centro del dibattito il rilancio della sanità territoriale, ma nel Pnrr di disagio psichico non si parla
A vent’anni dalla prima edizione si è aperta ieri a Roma la seconda Conferenza nazionale sulla salute mentale, intitolata Per una salute mentale di comunità.
Anche questo campo subisce le debolezze della sanità territoriale, che troppo spesso portano a prendersene cura troppo tardi e in luoghi inadatti.
«Il disagio mentale nasce nei luoghi di vita e di lavoro delle persone, si cura nelle comunità in cui vivono le persone e con l’apporto delle comunità stesse» ha detto il ministro della salute Roberto Speranza in apertura della conferenza. «Coloro che in questi anni hanno sperimentato periodi di sofferenza mentale ma non sempre hanno trovato servizi adeguati ai loro bisogni, sono stati accolti in strutture a volte poco accessibili e non sempre hanno potuto contare su un vero e proprio progetto terapeutico riabilitativo».
Speranza ha ammesso le criticità dell’approccio italiano alla salute mentale, le «ampie disuguaglianze» e la «carenza di risorse professionali ed economiche».
La parola usata più spesso è “comunità”: la stessa delle quasi 1.300 “case della comunità”, asse portante della futura medicina di territorio secondo il Pnrr appena promosso dall’Ue. Ma di salute mentale, nel Pnrr, si parla poco o nulla. Lo aveva evidenziato più volte, nelle scorse settimane, lo stesso Coordinamento nazionale che ha preparato i lavori, che aveva formulato proposte operative e organizzative che avrebbero richiesto un budget di due miliardi di euro, meno dell’1% dell’intero Pnrr.
Alla conferenza Speranza ha annunciato anche un’importante novità, riguardante il sistema della “contenzione fisica” che porta ancora molti pazienti psichiatrici a essere legati ai letti per ore e talvolta giorni. «Nei giorni scorsi – ha detto il ministro – il gabinetto del ministero ha inoltrato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, la bozza di documento e lo schema di Accordo per il Superamento della contenzione meccanica nei luoghi di cura della salute mentale». Una decisione che non può essere rimandata, ha detto il ministro, dopo la bocciatura della pratica coercitiva da parte della Consulta nazionale di bioetica e del Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani. «Riconosciamo l’obiettivo di promuoverne il suo definitivo superamento in tutti i luoghi della salute mentale, entro il triennio 2021-23», ha detto Speranza. Secondo la legge “Basaglia” del 1978, la pratica avrebbe dovuto essere «ridotta ai casi assolutamente eccezionali».
Secondo alcune stime, vi ricorrono molte strutture psichiatriche e soprattutto geriatriche, dove un terzo degli ospiti viene legato. È invece «un evento sempre più raro, breve, volto esclusivamente al recupero del dialogo e della dignità del paziente» secondo Claudio Mencacci, co-presidente della Società Italiana di Neuro-Psico-Farmacologia. La dignità, spiega, «si favorisce non solo eliminando le contenzioni, ma anche offrendo le condizioni per eliminarle, ovvero luoghi di accoglienza e di cura all’altezza». Speranza ha reso merito alla campagna «… e tu slegalo subito», promossa dalla psichiatra Giovanna Del Giudice, che già negli anni ‘70 collaborava con stesso Basaglia all’ospedale di Trieste. È lei che ha coordinato il documento ora sul tavolo delle regioni. «Su 320 servizi ospedalieri di salute mentale, in Italia ci sono 20 reparti che non “legano”», spiega Del Giudice. «Coprono una popolazione di 5 milioni di abitanti, e intere regioni come il Friuli-Venezia Giulia. Indicano una strada, dimostrano che della contenzione si può fare a meno». La psichiatra torna sull’importanza della comunità.
«Occorre una rete di servizi di salute mentale di prossimità a cui il malato si possa rivolgere rapidamente, all’inizio della crisi. E va superato il paradigma della pericolosità del malato mentale: non solo nei reparti in cui avviene la contenzione, il buco nero in cui finiscono i malati che non hanno trovato aiuto, ma nell’intero servizio a monte del ricovero».
La Conferenza ha visto anche assenze di peso, come quella della Società Italiana di Psichiatria che ha scelto di non esserci. Il suo presidente Massimo di Giannantonio ha parlato di gravi esclusioni e di scarsa apertura sul programma: «Non condivido la scelta di impedire la partecipazione del Coordinamento nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale, né la decisione di non coinvolgere il mondo della ricerca e il ministero dell’Università e della Ricerca, principale garante e promotore dei percorsi formativi dei professionisti della salute mentale» ha protestato di Giannantonio.
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