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Speranza desametasone, il farmaco che riduce la mortalità

Speranza desametasone, il farmaco che riduce la mortalitàPaziente Covid in terapia intensiva – Ap

Lo studio dell’università di Oxford Se confermata, per i malati la buona notizia è doppia: oltre a essere efficace, costa poco, il brevetto è scaduto da quarant’anni

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 17 giugno 2020

Per i pazienti di Covid-19 c’è una speranza in più e viene da un farmaco, il desametasone. Lo dimostra uno studio clinico effettuato dall’università di Oxford, nel Regno Unito.

Il desametasone ha ridotto sensibilmente la mortalità tra i malati di Covid-19. Nei pazienti intubati curati secondo i protocolli ordinari, la mortalità è del 41% e grazie al desametasone cala di un terzo. In quelli che richiedono solo un’ossigenazione assistita, la mortalità passa dal 25 al 20% tra i pazienti che assumono il farmaco. Anche se nei pazienti che non necessitano di ossigenazione il farmaco non mostra benefici, è la prima molecola che riduce la mortalità da Covid-19 in modo significativo in quelli più gravi.

Lo studio è considerato molto affidabile dalla comunità scientifica, in quanto rispetterebbe gli standard migliori per valutare gli effetti del farmaco: seimila pazienti sono stati divisi in due gruppi di duemila e quattromila persone ciascuno in modo casuale, e il farmaco è stato somministrato solo al gruppo meno numeroso. L’università di Oxford per ora ha diffuso solo un comunicato stampa, ma promette di fornire maggiori dettagli in una prossima pubblicazione scientifica.

Se confermata, per i malati la buona notizia è doppia: oltre a essere efficace, il desametasone costa poco. Si tratta infatti di un farmaco anti-infiammatorio simile al cortisone in circolazione da quasi sessant’anni e su cui non vige più alcun brevetto. Dunque, una trattamento potrebbe costare anche meno di dieci euro. «È fantastico che il primo farmaco che riduce la mortalità sia immediatamente disponibile e alla portata di tutti», ha commentato Martin Landray, uno degli autori dello studio clinico. Più cauto lo statunitense Atul Gawande, medico e ascoltatissimo divulgatore: «Dopo tanti altri risultati ritrattati o smentiti, divulgare i risultati di uno studio con un comunicato stampa senza pubblicare un articolo scientifico non è accettabile».

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