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Spalmarsi la crema senza farsi del male e inquinare la Terra

Spalmarsi la crema senza farsi del male e inquinare la Terra

Il fatto della settimana Nel 2017 il valore della produzione dei cosmetici è stata di poco inferiore agli 11 mila milioni di euro (+ 4,3%). Quelli naturali e «green» superano la cifra di 1.100 milioni

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 12 aprile 2018

L’economia di mercato si basa sulla dinamica della domanda e offerta. A fronte di un bisogno corrisponde un’offerta di prodotti, o meglio una vasta gamma di proposte che incontra perfettamente ogni nostro bisogno. Più bisogni si creano, più ampio sarà il mercato.

NEL CASO DELLA CURA DEL CORPO, questi bisogni non solo possono essere molto specifici, ma spesso si accompagnano a dubbi, perplessità, preoccupazioni o forti aspettative. Il mercato dei prodotti cosmetici coinvolge il nostro rapporto con noi stessi e con ogni parte del corpo, ha un legame diretto con la salute ma anche con il nostro modo di rapportarci agli altri. Se da una parte l’offerta è vastissima e i messaggi pubblicitari sono sempre più stimolanti, dall’altro l’attenzione del consumatore verso la composizione dei prodotti, la loro bontà e la sostenibilità ambientale, è sempre maggiore. Le preoccupazioni si diffondono e il richiamo alla «natura» si trasforma in uno strumento efficacissimo di rassicurazione e di pubblicità. Lo dicono i numeri, il rapporto di Cosmetica Italia, l’associazione dei produttori di categoria che ha da poco (marzo 2018) presentato i dati del comparto cosmetico italiano per il 2017: il volume del consumo interno nel reparto cosmetica in Italia si approssima ai 10.950 milioni di euro nel 2017, mentre si stima che il consumo di prodotti naturali e «green» abbia già superato la cifra di 1.100 milioni di euro. Il documento dice chiaramente che «sempre più consumatori esprimono interesse verso tutto il mondo del naturale e del verde, affezionati ai cosmetici di derivazione naturale; e questa attenzione si distribuisce in altri canali, dove si riconoscono allargamenti di offerte green».

ATTRAVERSANDO IL CORRIDOIO di un supermercato con l’obiettivo di acquistare un prodotto semplice come uno shampoo o un dentifricio, ad ogni passo veniamo sollecitati dalla complessa narrazione del marketing, sia testuale che visiva e tattile, che vuole andare incontro non solo ad esigenze estetiche e salutistiche, ma anche culturali. Natura italiana, colline toscane, cosmetica vegetale, estratti di erbe, immagini di piante in fiore, di cascate in mezzo a montagne verdeggianti, confezioni dalla texture opaca e ruvida, come a voler sottolineare l’attenzione di chi acquista verso la sostenibilità piuttosto che alla lucentezza esteriore del prodotto.
Una delle principali preoccupazioni è senz’altro quella legata alla salute. Il caso del SodiumLaurethSulfate (diverso, attenzione, dal SodiumLaurylSulfate, che invece è considerato innocuo) è forse uno dei primi comparsi nelle cronache. L’agente schiumogeno tensioattivo è presente in moltissimi prodotti, in particolare in quelli da cui ci aspettiamo una piacevole schiuma, come shampoo, saponi fino ad arrivare al dentifricio, ma anche in articoli per il make-up o profumi. E’ utilizzato in dosi differenti nei detersivi industriali per il suo alto potere sgrassante. Attraverso uno dei primi passaparola via internet alla fine degli anni ’90, la molecola è entrata nel registro degli indagati del dibattito pubblico. Gli studi più recenti assolvono in parte questo ingrediente, ma il Centro Nazionale Americano per le Informazioni Biotecnologiche consiglia di monitorarne la presenza nei cosmetici. Il caso ha acceso l’attenzione dei consumatori e delle istituzioni.

Da allora della strada è stata fatta. Oggi sappiamo che alcune molecole sintetiche sono interferenti endocrini, possono causare irritazione o allergie. Sono sostanze create in laboratorio che spesso non sono biodegradibili e possono entrare nella catena alimentare. Il triclosan è stato vietato del tutto in Svezia, dopo che una ricerca ha evidenziato presenza di triclosan nel latte materno di donne che utilizzavano prodotti cosìddetti antibatterici che lo contenevano. La formaldeide è stata bandita dall’Unione Europea (ma non i suoi cessori!) mentre nell’uso dei parabeni l’UE ha posto dei limiti alle aziende produttrici. Altre molecole non biodegradibili sono i petrolati, ovvero i derivati dal petrolio come paraffina e vaselina, che sono dannosi per l’ambiente, ma anche per la pelle.

IN RETE SI TROVANO MOLTISSIME VOCI, a volte dissonanti, e le fonti scientifiche, per quanto attendibili e alcune volte pubbliche, non sono di facile lettura. Di fronte all’incertezza sulla pericolosità di un certo componente, sempre più persone cercano prodotti che contengano sostanze più certamente benefiche e meno inquinanti. In questo senso nella ricerca del prodotto giusto l’unica bussola affidabile sembra essere la lettura attenta delle etichette. I richiami alla natura nel nome del prodotto non forniscono alcuna garanzia, il che è abbastanza ovvio.

IN ITALIA SI APPLICA IL REGOLAMENTO europeo 1223/2009, dove si fornisce la definizione comune di prodotto cosmetico e si declina una serie di disposizioni che garantiscono la sicurezza del cosmetico sotto vari aspetti, dal metodo di fabbricazione al controllo degli ingredienti, tra cui l’obbligo delle informazioni da dichiarare in etichetta. Sulle confezioni di tutti i cosmetici è riportato l’elenco degli INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) che deve corrispondere al vero contenuto.

Anche qui potrebbe non risultare semplice interpretare un elenco di nomi scritti in piccolo per lo più in latino o inglese che poco hanno a che vedere con le cose che conosciamo, anche se paradossalmente sono sostanze molto presenti nella nostra vita (basti pensare a quelle derivate dal petrolio). In questo caso però ci sono strumenti facili da usare che ci vengono in aiuto. Da anni ormai esiste «saicosatispalmi», un sito e un forum dove si possono trovare informazioni utili e attendibili, frutto di scambi continui tra professionisti del settore e consumatori attenti. Il principale riferimento in Italia è l’EcoBiodizionario, iniziativa del chimico Fabrizio Zago che ha deciso 20 anni fa di impegnarsi nella diffusione di informazioni attendibili. Ha redatto un elenco, in continua trasformazione, di sostanze utilizzate in cosmetica classificandole attraverso tre colori diversi: rosso, giallo e verde, a seconda che sia «benefico» (due bollini verdi) fino a «inaccettabile» (due rossi), passando da «innocuo» o «da verificare». In quest’ultimo caso torna utile il forum, dove le segnalazioni degli utenti possono essere utili anche per segnalare nuove sostanze da inserire nel biodizionario. Di recente, per esempio, è stato inserito il disodium 2-sulfolaurate proprio su segnalazione di un consumatore che ne chiedeva informazioni. Questa sostanza di originale vegetale è considerata innocua ed è uno schiumogeno che viene utilizzato in alcuni casi proprio in sostituzione del SLS. L’EcoBiodizionario è stato da poco rinnovato, e l’elenco delle molecole classificate è cresciuto moltissimo. Esiste anche un dizionario in inglese, lo SkinDeep, iniziativa del centro EnvironmentalWorking Group, molto attivo nella ricerca e divulgazione. Potrebbe succedere che sui due siti si trovino delle informazioni differenti su medesime sostanze, ma dobbiamo ricordarci che la ricerca è in continua trasformazione.

MENTRE ESISTE UN REGOLAMENTO europeo sulla cosmesi in generale, non esiste invece una regolamentazione pubblica riguardo alla cosmesi naturale, biologica o ecologica. Sono nate diverse agenzie private che garantiscono il rispetto di alcuni standard e conferiscono alle aziende che ne fanno richiesta (e che pagano per questo) una certificazione che viene posta in mostra sulle confezioni. Ecolabel UE è il marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea che contraddistingue prodotti caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita. I prodotti delle Eco Bio Cosmesi e Cosmesi Naturale Icea garantiscono formulazioni costituite da ingredienti di origine naturale, selezionati sulla base di criteri di sostenibilità ambientale e salubrità. Il marchio Bio eco cosmesi Aiab è rilasciato dall’Associazione dell’agricoltura biologica (Aiab) e garantisce l’assenza di organismi geneticamente modificati. Questa certificazione garantisce, nei cosmetici, la totale assenza di materie prime non vegetali allergizzanti, irritanti o ritenute dannose per l’uomo. Bioagricert certifica l’applicazione da parte delle aziende di standard specifici per la produzione di cosmetici naturali e di cosmetici biologici che prevedono diverse tipologie di conformità. Sono diversi i certificatori di prodotti vegani, prodotti senza test sugli animali e senza ingredienti di origine animale. Gli esempi dunque sono tanti, le agenzie possono essere sia europee che italiane.
La possibilità di informarsi sulla sostenibilità di un prodotto cosmetico, l’assenza di ingredienti di origine animale, l’origine naturale e/o biologica dei suoi ingredienti, esiste. Anche se forse non è alla portata di tutti e le immagini illusorie del marketing finiscono per avere la meglio.

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