Sovranità energetica, mano libera alle trivelle
L’emendamento inserito nel decreto Aiuti ter In Consiglio dei ministri passa la norma che prevede per i giacimenti maggiori estrazioni, in deroga alla norma del 2006, tra le 9 e le 12 miglia anche in area marina protetta
L’emendamento inserito nel decreto Aiuti ter In Consiglio dei ministri passa la norma che prevede per i giacimenti maggiori estrazioni, in deroga alla norma del 2006, tra le 9 e le 12 miglia anche in area marina protetta
«Vogliamo affrontare la questione energetica puntando a come fare per essere indipendenti e autonomi in tema energetico mettendo in sicurezza il sistema produttivo oltre che le famiglie»: la filosofia illustrata da Giorgia Meloni ieri sera, subito dopo il consiglio dei ministri, significa nuove trivellazione e maggiori estrazioni sul nostro territorio. La misura è inserita come emendamento nel decreto Aiuti ter: «Ci sarà la possibilità di liberare alcune estrazioni di gas italiano – ha proseguito – favorendo, ampliando, immaginando nuove concessioni, chiedendo ai concessionari che dovessero aderire di mettere a disposizione in cambio, fin da gennaio, gas tra un miliardo e 2 miliardi di metri cubi, coprendo la gran parte delle esigenze delle aziende gasivore a prezzo calmierato. Nei primi due anni il 75% del gas potenziale stimato dovrebbe essere messo a disposizione».
L’emendamento prevede «il rilascio di nuove concessioni tra le 9 e le 12 miglia, in deroga al decreto legislativo 152 del 2006, che invece preclude nuove attività in materia di idrocarburi nelle aree marine protette e nelle 12 miglia da dette aree e dalla costa. La deroga è prevista solo con riferimento a siti caratterizzati da elevato potenziale minerario (riserva certa superiore a 500 milioni metri cubi) e a condizione che i titolari delle nuove concessioni aderiscano a sostegno dei clienti finali industriali a forte consumo di gas» la spiegazione nel dettaglio dal ministro Pichetto Fratin. E ancora: «Tutto questo deve avvenire al di sotto del 45simo parallelo con l’unica eccezione del ramo Goro del fiume Po, con contratti di cessione dei diritti per almeno il 75% dell’estrazione per i primi due anni e il 50% fino ai 10 anni (si stiamo 15 miliardi di metri cubi sfruttabili), con un prezzo concordato per le aziende gasivore dai 50 ai 100 euro per megawattora». I nuovi limiti in Adriatico terranno fuori solo l’area di Venezia.
Il provvedimento è in continuità con il governo Draghi e prosegue il lavoro lasciato in eredità dall’ex ministro Cingolani. L’allora titolare del dicastero della Transizione ecologica a metà settembre aveva varato il decreto Energy release non portando a termine il secondo step, il Gas release, pur se il testo era definito, dove si prevedeva lo sblocco delle trivelle per due miliardi di metri cubi di gas a prezzo calmierato. In base al Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, in Italia ci sono 1.298 pozzi produttivi di gas, 514 classificati come eroganti e più di 750 non attivi. Le piattaforme marine e le strutture assimilabili sottomarine sono attualmente 138, 94 sono entro le 12 miglia, il 40% delle piattaforme risulta non operativa.
Contro il governo l’ex ministro, ora parlamentare 5S, Sergio Costa: «Se le autorizzazioni partissero oggi non saremmo comunque in grado di utilizzare i combustibili prima di molti mesi. Se anche estraessimo tutto il gas dai pozzi italiani copriremmo il fabbisogno nazionale di circa due anni, poi staremo da capo a dodici ma con un territorio distrutto. L’unica vera risorsa sono le rinnovabili». Dai Verdi Angelo Bonelli: «L’emendamento porta l’Italia a non rispettare gli obiettivi climatici, mentre nessuna norma è prevista per sbloccare le rinnovabili, 180 i giga watt fermi, ad esempio nominando un commissario ad hoc. In tutti i mari italiani ci sono giacimenti pari a 37 miliardi di metri cubi di gas, che corrisponde a meno della metà del fabbisogno energetico annuale del nostro paese».
Legambiente a settembre aveva già commentato: «In Italia sono più di 120 le infrastrutture a fonti inquinanti in valutazione presso il ministero. La Penisola è sempre più lanciata verso una transizione energetica basata sul gas fossile, una strategia pericolosa per il clima e la salute pubblica, e inutile in tema di caro energia e indipendenza». Sono 39 le istanze per ottenere permessi di ricerca e coltivazione di idrocarburi per ulteriori 76.694 chilometri quadrati di territorio italiano dedicati alla produzione di fonti fossili, ovvero una superficie simile all’estensione dell’Austria, in aggiunta agli attuali 33.618 kmq. In parallelo, ulteriori 18 richieste sono in attesa della Via e dell’Aia per autorizzare perforazioni di nuovi giacimenti, o la realizzazione di nuove infrastrutture per avviare la produzione.
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