«Southern Blood», l’eredità di Gregg Allman
Musica Esce il disco postumo del cantante e polistrumenista degli Allman Bros scomparso a maggio
Musica Esce il disco postumo del cantante e polistrumenista degli Allman Bros scomparso a maggio
La pubblicazione di un album postumo sottende, il più delle volte e quando capita, un lascito lontano dal testamentario, che diventa tale quando s’azionano strategie promozionali di marketing per la sua uscita. Ciò riguarda, naturalmente, artisti di grande levatura nonché popolarità. Ed il crinale su cui si lavora il progetto spesso fa strame della sua probabile incompiutezza, quando non è addirittura inconsistenza.
Talvolta l’inedito è giocato sulle registrazioni live o sulle prove in studio, mentre è raro che, messosi di mezzo il destino e tolto dai giochi l’artista, queste uscite riescano a riepilogarne interamente la carriera. L’uscita di scena è quella di Gregg Almann e l’album di cui si parla è Southern Blood (produzione di Don Was, etichetta Rounder Records, distribuzione Universal) che, senza alcun dubbio, appartiene a quest’ultimo caso. Il cantante e polistrumentista degli Allman Bros., scomparso nel maggio scorso, sapeva di esser malato da tempo e di avere le ore contate, ma mai avrebbe ritenuto di non vedere pubblicato il suo disco: oggi consapevolmente acquisito all’ascolto come produzione estrema e sintesi di un modo di intendere la musica, il canto e lo stesso rock: genere capace di esaltare creatività soltanto quando viaggia in coppia con il blues, il folk, il country.
Forse, ad Allman l’etichetta «Southern» che ha contraddistinto la sua musica prima con il fratello Duane, sì lui scomparso troppo presto (interessanti i recuperi di My only true friend, primo singolo ad uscire e di Blind Bats and Swamp Rats), e poi in una carriera solista di grande sostanza ed era dal 2011 che non licenziava un disco, è stata stretta. Sebbene nel titolo appaia ancora. Meno costrittiva è stata forse la capacità di adattare i suoi brani come detto ai grandi filoni della musica americana.
La testimonianza, per l’appunto finale è data dall’aver allineato brani di Dylan (Going, Going Gone da Planet Waves), Tim Buckley (Once I was), del più grande compositore di blues di sempre Willie Dixon e di Lowell George, dei misconosciuti e mai abbastanza ascoltati (e apprezzati) Little Feat.
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