Abel è un «tenero idiota». Innamorato di una sua coetanea, senza alcuna possibilità di successo, totalmente impreparato ad affrontare l’esame di maturità, inserito in una comunità le cui complessità gli sfuggono totalmente e, infine, involontario strumento di propaganda. Prova a nascondersi, a dissimulare, a tenere una relazione con i genitori basata sostanzialmente su una finzione. Poi arriva il giorno dell’esame (sia scolastico che sentimentale) e ogni cosa dovrebbe trovare una soluzione.
L’esito non è quello sperato. La ragazza non prova gli stessi sentimenti, l’esame di storia è una disfatta, i suoi genitori forse iniziano a capire qualcosa di più del loro figliolo. Ed è a questo punto che arriva il colpo di scena. Una spilla nazionalista, indossata durante l’esame, rende la questione artificialmente diversa da quello che è. Abel non è più il «tenero idiota» di cui sopra, almeno per alcuni. Non è l’alunno che non ha saputo rispondere a nessuna delle domande di una commissione sin troppo compiacente. È una persona discriminata, bocciata per le sue idee condensate in quella coccarda. Si torna perciò a una falsa immagine, questa volta prodotta da un intero paese, l’Ungheria.Una profonda riflessione sui nostri tempi, non solo quelli che scorrono a Budapest e dintorni. Un invito a non risolvere creando dogmi.

GIORNALI, ministeri, tutti accorrono in difesa dello studente fiero delle proprie origini contro la depravata scuola che offende tradizioni e bandiera. È la classica follia collettiva messa in moto da un evento casuale che nel giro di pochi e decisivi attimi si trasforma in un solido caso. Un gigante dai piedi d’argilla, ma ha poca importanza. Lo scandalo, l’indignazione, la frustrazione, tracimano e travolgono gli argini eretti a preservare la razionalità.
Con qualche elemento didascalico di troppo, Una spiegazione per tutto di Gábor Reisz riesce nell’intento di raccontare in parallelo le sorti di un individuo e quelle di un paese. Due figure, quella piccola e quella grande, alla deriva, svuotate di ogni senso, che si aggrappano a una messa in scena, il ragazzo per corrispondere a una idealizzazione, il paese per celare le rovine di due secoli di storia imperiale, comunista e post-comunista.

UN RITRATTO così articolato ha bisogno di altri protagonisti e, allora, accanto ad Abel compaiono i due veri contendenti della vicenda, György e Jakab. Il padre, architetto profondamente orgoglioso delle sue radici che osserva l’Europa come il mostro che vorrebbe privarlo della sua anima, e il professore di storia, quello che si oppone alla visione opprimente del nazionalismo. Nel mezzo dei due estremi, Abel vorrebbe diventare invisibile al cospetto di questi due tenaci avversari che hanno, appunto, una spiegazione per tutto. Il suo unico desiderio porta il nome di Janka, la compagna di studi, la migliore amica, la ragazza che ha una cotta proprio per l’odiato insegnante.

GUARDANDO all’Ungheria e a ciò che sta accadendo in questi ultimi anni nel paese governato da Orban, sarebbe semplice prendere le parti di un personaggio e dividere in modo manicheo i buoni dai cattivi. E sarebbe anche legittimo visti gli orrori che derivano dalle ideologie nazionaliste. Reisz, però, sembra interessato ad andare oltre lo schieramento, ponendo un interrogativo necessario: György e Jakab, entrambi sinceri e arroganti nel portare avanti le proprie convinzioni, saranno in grado di comprendere le ragioni dell’altro? In che modo le loro argomentazioni potranno trasformarsi in un dialogo che non abbia come unica finalità l’auto-celebrazione della propria opinione?
Premiato lo scorso anno come miglior film del concorso Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia, Una spiegazione per tutto è una profonda riflessione sui nostri tempi, non solo quelli che scorrono a Budapest e dintorni. Un invito a non risolvere creando dogmi.