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Sorvegliare e punire a 16 anni?

«I controlli li facciamo in tutte le scuole e ora sarebbe sbagliato interromperli dopo questa tragedia. Ce l’ha chiesto anche la Mamma di andare avanti, perchè dobbiamo salvarli questi ragazzi». […]

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 15 febbraio 2017

«I controlli li facciamo in tutte le scuole e ora sarebbe sbagliato interromperli dopo questa tragedia. Ce l’ha chiesto anche la Mamma di andare avanti, perchè dobbiamo salvarli questi ragazzi». Queste le parole di Emilio Fiora, Comandante del primo gruppo della Guardia di Finanza da cui dipende la compagnia di Chiavari che ha eseguito il blitz. In queste parole è racchiusa la situazione attuale in cui ci troviamo oggi, paradossale eppure viva nel benpensare pubblico dominante. Varrebbe la pena, ancor prima di parlare di legalizzazione delle droghe leggere, di provare a mettersi nei panni degli adolescenti che provano a “salvare”!

Il ragazzo di 16 anni muore suicida a Lavagna per una perquisizione fuori dalla scuola, che gli troverà addosso dieci grammi di cannabinoidi. La perquisizione ha poi un secondo atto in casa sua, ma risulterà negativa. A 16 anni è troppo: il ragazzo si sente perduto, corre vero la finestra e si butta giù.

Queste modalità si ripetono quotidianamente in centinaia di istituti scolastici,con effetti più deflagranti nei piccoli centri urbani perché i media locali tendono a dare risalto anche a fatti di piccola entità. Non ci sono dunque logiche educative, nessuna mediazione: solo reprimere e colpire con la paura.

Un ragazzo che a scuola viene beccato da un cane che gli annusa nello zaino e gli trova quattro grammi di hashish sarà condannato dalla scuola e isolato dai compagni di classe che avranno paura a relazionarsi con lui, messo alla gogna dalla perquisizione delle forze dell’ordine.

Purtroppo il ragazzo di Lavagna non è il primo a rimanere schiacciato da logiche punitive e non sarà l’ultimo. La narrazione di quello che è successo termina con un paradosso che ci fa perdere completamente il senso di queste azioni. Lavagna da un punto di vista politico-istituzionale è stata ed è tuttora «una montagna di merda», per dirla con le parole di Peppino Impastato. Un Comune che si è «autosciolto» per mafia, dove il sindaco finì ai domiciliari e tutta l’amministrazione, con buona parte del consiglio comunale, si dimise, avviandosi al commissariamento;dove i fratelli ’ndranghetisti Nucera governano ampiamente il mercato di droga e prostituzione (per approfondimenti, mafieinliguria.it). In una città così e in periodi di scarse risorse per le forze dell’ordine ci chiediamo se queste debbano ancora impiegare il loro tempo in questo modo.

A sedici anni è l’età in cui inizi a scoprire cosa ti circonda, fai le prime esperienze, che ti permetteranno di vivere con consapevolezza le tue decisioni. Un mondo adulto accompagnerebbe questo periodo di vita cercando di dare informazioni, spiegando e facendo in modo che quelle esperienze abbiano il minor tasso di rischio possibile. Un mondo adulto non caricherebbe sulle spalle di ragazzi il peso, a volte insopportabile, del giudizio e della repressione.

Siamo però ancora lontani da tutto questo, non siamo capaci di educare veramente e la scorciatoia del punire è quella che meglio si adatta ai nostri tempi. Solo pochi giorni fa le associazioni che si riconoscono nel cartello genevose ”Sulle orme di DonGallo” avevano fatto una conferenza stampa in parlamento chiedendo per l’ennesima volta una risposta da parte del governo su questi temi. La Conferenza nazionale sulle droghe, prevista per legge ogni tre anni, non viene convocata da nove anni. Una riforma della legge 309 del ’90, superata dalla realtà e dai tempi, nonostante le associazioni e gli operatori  ne richiedano la revisione, giace in parlamento. «Educare e non punire» diceva Don Andrea Gallo. È lo sforzo che dobbiamo fare tutti, non sarà semplice in questi tempi ma ostinatamente ci proveremo.

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