Sempre svenduta. Ma agli americani, beffando i tedeschi di Lufthansa (che gridano allo statalismo) e chi pensava che la famiglia Aponte mantenesse l’italianità, nonostante Msc sia una società svizzera.

A sorpresa il governo Draghi ha deciso di scegliere l’offerta del fondo Certares con cui avvierà una trattativa in esclusiva nei prossimi giorni.

Smentite dunque le veline interessate provenienti dalla stessa Ita che volevano Msc-Lufhansa in netto vantaggio nei desiderata del Mef.

L’azionista unico della compagnia nata dalle ceneri di Alitalia – ma con il paradosso di dover essere in «totale discontinuità» come imposto da Bruxelles – ha valutato l’ultima versione delle offerte vincolanti trovando più convincente quella presentata dal fondo statunitense guidato da Greg O’Hara. Fondato nel 2012, gestisce fondi di private equity con un valore di mercato di oltre 10 miliardi di dollari, compresi i coinvestimenti.

A far pendere la bilancia verso New York pare essere stata, oltre al pareggio della valutazione di Ita – 600 milioni per il 56% della società che dunque ha valutato l’intera compagnia poco più di un miliardo – la proposta sul futuro assetto societario: nel cda a cinque il Mef avrebbe due posti e il presidente (sicuramente meno «esecutivo» di quanto lo sia l’attuale Alfredo Altavilla).

In più gli americani già detengono quote in moltissimi giganti del settore turismo – Global Business Travel, Tripadvisor, Hertz ed agenzie turistiche di lusso negli Stati Uniti – mentre ieri, dopo l’impegno informale della compagnia americana Delta, è arrivato quello di Air France-Klm che si è detta disponibile «nel medio termine» a entrare nel capitale, mantenendo per ora il ruolo di «partner commerciale ed operativo della compagnia».

Per Air France si tratterebbe di entrare nell’ex Alitalia a 15 anni dalla beffa subita al tempo di Romano Prodi, la cui scelta fu cancellata dai fallimentari «capitani coraggiosi» di Berlusconi.

Se il governo Draghi sostiene di aver mantenuto gli impegni presi con Bruxelles, la privatizzazione di Ita però è una partita ancora lunga e aperta.

La «trattativa in esclusiva» potrebbe durare due settimane, al termine il Mef deciderà se firmare un «preliminare di acquisto» – atto vincolante anche per il futuro governo – «solo in presenza di contenuti pienamente soddisfacenti per l’azionista pubblico» (recita il comunicato) oppure, come è più probabile, limitarsi un «semplice memorandum», non vincolante.

Nel caso si arrivasse a un «preliminare» comunque l’accordo dovrà passare sotto le forche caudine dell’Antitrust europeo che si esprimerà non prima del 2023, per accertarsi che non violi la concorrenza. Solo dopo potrà essere firmato il «contratto definitivo».

Su tutto questo percorso pende l’incognita del passaggio di testimone tra il vecchio e il nuovo governo. Giorgia Meloni ieri ha ribadito la sua posizione, seppur senza dare giudizi definitivi:«Ricordo che l’attuale governo dovrebbe fare le cose minime, essendo il Parlamento formalmente sciolto, quindi non credo che una materia così strategica sia competenza di questo governo. Quando avrò le carte potrò pronunciarmi».

Se i liberisti di tutti i partiti brindano alla «privatizzazione», dimenticando i 7 mila lavoratori ex Alitalia ancora esuberi, forte è la preoccupazione dei sindacati: «Chiederemo un incontro al governo ed ai diretti interessati per comprendere il piano industriale della cordata su cui il governo ha orientato la propria scelta – afferma la Filt Cgil – Vorremmo conoscere il piano industriale che la cordata ha presentato perchè non va perso tempo, occorre dare rapidamente implementazione al piano Ita, rifinanziando le casse della compagnia e sfruttando la rapida ripresa del traffico, facendosi trovare pronti per la stagione estiva del 2023. È positivo che il governo, come da noi sostenuto, abbia deciso che lo stato italiano debba mantenere una presenza come azionista di riferimento che sia garanzia occupazionale e dello sviluppo industriale del trasporto aereo italiano». E ancora: «Vengano rispettati ed implementati il piano flotta e gli accordi relativi alle assunzioni, che prevedono il recupero dei lavoratori attualmente in cassa integrazione. Si pone poi, quanto mai con urgenza, il tema dell’aumento delle retribuzioni che, ad oggi, non sono più adeguate per tutto il personale della compagnia».