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Sorella sciamana

Sorella sciamanaJessica Bertram

Ultraoltre Intervista a Jessica Bertram in occasione della conferenza mondiale sull'Ayahuasca

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 13 dicembre 2014

Jessica Bertram è nata 44 anni fa in Germania, a Brema, ma da 20 anni vive e lavora in Perù dove è divenuta una sciamana «certificata» nella tradizione shipibo, popolazione diffusa da Pucallpa fino alla foresta amazzonica attorno a Iquitos. Anche se non tra i ralatori, non poteva mancare ad Aya 2014.
Cosa ti ha portato in Peru?
L’amore, per un peruviano. Nel 2000 mi sono trovata poi in quella che gli esperti di psicologia transpersonale chiamano una emergenza spirituale, La mia vita era nel caos. Ho lavorato nel parco nazionale di Manu come guida turistica per 13 anni, e là ho iniziato a conoscere la gente del luogo e il loro uso delle piante. Ho imparato il quecha, la lingua degli Inca – la nonna e tutta la famiglia da parte del papà di mia figlia parlano quecha – e dopo essermi coinvolta con l’ayahuasca ho imparato anche un po’ di shipibo e qualche rudimento di machichenga e haraknbut.
La tua prima esperienza con l’ayahuasca?
La prima volta che partecipai a una cerimonia non la bevvi. Come dicevo stavo attraversando una profonda crisi esistenziale, una depressione terribile, con due figlie piccole a carico, e ho chiesto consiglio ad alcuni amici curanderos del Manu. Consultai in particolare un amico ayahuasquero, io non avevo mai avuto alcun interesse nell’ayahuasca, non avevo mai preso niente, marijuana, funghi, niente, neanche le normali sigarette…avevo letto su internet che ayahuasquero tadizionali bevono l’ayahuasca senza darla anche ai pazienti, e sono capaci di curarli, e cosi chiesi a questo amico di vedere se poteva aiutarmi. Nella cerimonia con l’ayahuasca lo sciamano non fu capace di guardarmi dentro, ero tanto oscura, negativa, che non riuscì a vedere nulla. Ma terminata la cerimonia, quando lo sciamano se ne era già andato, nonostante non avessi bevuto l’ayahuasca ne sentii improvvisamente l’effetto in maniera fortissima, visioni… era sconcertante, a un tratto vidi al mio fianco una donna in abiti shipibo che mi cantava in un orecchio. Pensai che stava cercando di dirmi qualcosa, di insegnarmi qualcosa, e poi se ne andò. Alcune settimane dopo tentai il suicidio, non funzionò ovviamente, mi rivolsi allora ad altri curanderos, ayahuasqueros, ma continuavo a non voler bere l’ayahuasca, mi terrorizzava. Ora in retrospettiva posso dire che era come se l’ayahuasca mi corteggiasse, io scappavo, lei mi correva dietro e alla fine mi raggiunse. Bevvi con altri ayasqueros e iniziai a vedere di continuo personaggi, immagini e disegni shipibo. Nella mia seconda cerimonia ebbi la visione di tre donne shipibo in una canoa che mi stavano attorno e mi dicevano che volevano portarmi con loro. Avevo una nausea terribile, volevo vomitare ma non ci riuscivo, e dicevo loro non mi lasciate, aiuto… poi pian piano la visione passò. Queste esperienze mi dicevano chiaramente che dovevo andare tra gli shipibo. Cosa che feci, a Pucallpa. E gli shipibo con l’ayahuasca mi curarono della mia crisi esistenziale.
Come sei diventata una sciamana?
Ci volle molto tempo. Iniziai il mio apprendistato più che altro per curiosità, non ero molto motivata ma non vedevo d’altra parte alcuna ragione per non provarci, per vedere di che si trattava. Anche dopo aver bevuto l’ayahuasca avevo molti pregiudizi. Mi chiedevo per esempio: se faccio tutto il percorso tradizionale per diventare sciamana, cosa che richiede diversi anni e parecchi sacrifici, poi che faccio? Non sono indigena, non sono un uomo… ma alla fine mi son detta che non avevo nulla da perdere. Uno dei tre maestri shipibo che mi aveva curato mi diede una dieta da seguire e scoprii che c’erano cose da cui dovevo astenermi per un anno. I primi tre mesi li passai in isolamento, da sola in una capanna nella foresta, poi piano piano sono tornata a una vita più normale.
Dirigi cerimonie ora?
Sì la maggior parte solo con indigeni
Ci sono molte donne sciamane in Peru?
Tra gli shipibo sì, molte, tra gli ashaninka e altre popolazioni vi sono altri tipi di specializzazioni, altre terapie, e vi sono donne che praticano medicina. Io sono stata educata nella tradizione shipibo, ma la maggior parte dei miei pazienti sono haraknbut, gli shipibo stanno nel dipartimento dell’Ucayali mentre io vivo più vicino al territorio degli haraknbut, che tradizionalmente non usano ayahuasca, ma da una decina di anni hanno inziato a sperimentarla. L’hanno conosciuta attraverso i loro vicini, i Machichenga nelle missioni cattoliche.
Tra gli shipibo c’è differenza tra sciamani uomini e donne?
Oh sì, ma bisogna comprendere che c’è anche differenza tra uno sciamano e l’altro perché ciascuno è esperto in qualcosa di particolare, come nella professione medica occidentale. L’ayahuasca ti mette in relazione con le piante e ciascun ayasquero può avere una relazione particolare con lo spirito di questa o quella pianta. Ci sono piante che hanno maggiore affinità con gli uomini e altre con le donne.
L’ayahuasca si sta diffondendo sempre più oltre i suoi confini tradizionali e sempre più numerosi sono quelli che ne fanno esperienza e la apprezzano, ma quello che per la maggior parte degli occidentali è difficile da accettare è l’esistenza degli spiriti, si tende a considerare le visioni e il resto come frutto della propria mente, negando loro una origine esterna… tu che ne pensi?
Ogni pianta, ogni essere ha un suo spirito, prima non la pensavo così. Una delle mie esperienze è stata molto precisa, e mi ha convinto. Tre sciamani shipibo stavano facendo una purificazione con una pianta che si chiama Pinon Colorado e passavano un ramo di questa pianta, che ha foglie molto belle, sul mio corpo. Sotto l’effetto dell’ayahuasca potevo vedere in maniera chiarissima lo spirito di questa pianta: stavo stesa per terra e quando una foglia mi cadde vicino la raccolsi e le chiesi: «tu che sei?» e la risposta mi arrivò immediata, con la visione di una figura armoniosa, azzurra, come una ballerina, che si è voltata e mi ha come salutato…è stato il mio primo incontro con uno spirito.
Chi è che cura, lo sciamano o lo spirito della pianta?
Le due cose vanno insieme. Lo sciamano inizia a curare il paziente applicando le sue conoscenze ma poi chiama a consulto gli spiriti delle piante per vedere quale è la cura migliore da seguire. Gli spiriti che arrivano ricevono in cambio fumo di tabacco, quello amazzonico non quello delle sigarette multinazionali, gratitudine, sentimenti positivi e gli icaros, i canti. La mia specialità è l’etnopsicologia transpersonale transculturalmente applicata, vale a dire psicologia transpersonale applicata e particolari gruppi etnici. Le conoscenze e le tecniche che ho appreso presso gli shipibo le vado ad applicare ad altri gruppi etnici, soprattutto agli haraknbut. Sono laureata in un istituto shipibo di Pucallpa che certifica gli ayasquero. Il mio nome «ufficiale» è Jessica Bertram, ma gli shipibo mi chiamano Isá Samë, che vuol dire uccello meraviglioso o anche uccello che canta in volo, e ta gli Harakmbut vengo chiamata Widnpo, ovvero sorella, ma anche Nantone, nonna.

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