Visioni

Sono i mille rumori del Vero Metallo

Sono i mille rumori del Vero Metallo

Note sparse In un libro "Metal Theory" tutti i dettagli dell'estrema classificazione del rock. Un'opera illuminante.

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 6 marzo 2024

Penetrare nell’acciaio, «metallo pesante» per eccellenza, fino al cuore di ferro e carbonio, per ascoltare i battiti minerali dissimulati dalla densità della lega, una ritmica segreta che pulsa da decenni, mutando per assecondare il fragore cangiante della musica Metal nelle sue innumerevoli forme; canzoni fragorose che celano oltre la loro superficie così assordante, in una maniera che è consolatoria, liberatoria e balsamica, significati, poetica e arte silenziati proprio dall’iperbolico volume sonoro. Il segreto dell’acciaio quindi, e non quello del Conan di Milius, ma quasi. Un segreto che è evidente al «metallaro», ma sconosciuto ai più perché il Metal è tra tutto il rock la musica più ardua da esprimere, da comprendere e al contempo quella più facile da equivocare come ingenua a meno che non si compia appunto l’ardua impresa di scendere fino al fondo del suo respingente e caotico spessore, bucando l’acciaio con un trapano dalla punta di cobalto o di titanio. Il trapano usato da Claudio Kulesco, Gioele Cima e gli altri autori i cui scritti compongono Metal Theory «esegesi del vero metallo» pubblicato da D Editore, è quello della filosofia perché come vi si legge gli unici approcci possibili a questa musica «sono quello mistico e quello filosofico».

«METAL THEORY» è un testo, o meglio un insieme (in)organico di scritti, necessario ed esemplare la cui lettura è all’inizio respingente come una canzone dei Death o dei Kreator per chi non è assuefatto al suo sublime stridore e di questo non ha una quotidiana necessità al fine di mettere a tacere per qualche minuto le urla di dolore del mondo o per trovare una forza reattiva; quindi il profano lo può considerare arduo da consumare proprio per il suo essere filosofia, una lettura che rischia di essere confusa come accademica e che sebbene con l’accademia a tratti si mimetizzi, non lo è affatto. Sembra quindi che le apparenti asperità di un’esegesi filosofica siano usate per alimentare con la lettura un effetto comparabile a quello disturbante quanto magnifico della potenza sonica esasperata delle distorsioni metallare, così che infine il libro risulta vitale, dionisiaco quanto la musica di cui tratta, mai freddo e distaccato, rivolto a chi legge con una sua armonica, divulgativa, primordiale, appassionata e propedeutica coesione, quindi «pensare il Metal con la filosofia secondo una prassi in cui la speculazione si riversa in un grido alla profanazione e alla disseminazione». Opera illuminante, da leggere nel silenzio, perché la sua«carta pesante» già risuona dei mille rumori del Vero Metallo.

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