«Songs of Stone», eterne parole nel vortice oscuro del suono
Fin dagli albori l’umanità si è interrogata sull’essenzialità di una questione che ancora oggi ci coinvolge: che cosa resta di noi, come lasciare traccia del nostro passaggio? A un certo punto, la scrittura ha offerto una soluzione, promettendo immortalità, sconfiggendo l’oralità fugace, la dispersione delle parole che volano e non restano. È all’imperitura solidità delle epigrafi antiche che il poeta Gabriele Tinti si è ispirato per scrivere i testi di Songs of Stone, epigrammi, elegie, lamenti che ha consegnato alla voce solenne di Malcolm McDowell, l’attore britannico che tra le altre cose ha interpretato Alex DeLarge, il protagonista di Arancia Meccanica.
LA MUSICA suonata da Massimo Pupillo (bassista degli Zu) è come un portale che ci trasporta all’origine del tempo, dove queste parole, forgiate sulla pietra, diventano eterne. Nelle due tracce di ambient oscurissimo, in cui convergono industrial, droni, campioni di cori provenienti dall’Europa dell’est, possiamo affacciarci su una dimensione ignota eppure umanissima, dove mitologia e sogno si incontrano, dove il passato riemerge come in un rito sacrale e ci fa custodi delle parole e le musiche del passato, da tramandare al futuro.
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