Amazon ha contrattato solo in Italia, ma non basta
Make Amazon Pay Con lo sciopero del 22 marzo 2021 siamo riusciti ad ottenere miglioramenti per driver e magazzinieri unici al mondo. Ora serve trattare a livello globale condizioni migliori. La sfida dei droni
Make Amazon Pay Con lo sciopero del 22 marzo 2021 siamo riusciti ad ottenere miglioramenti per driver e magazzinieri unici al mondo. Ora serve trattare a livello globale condizioni migliori. La sfida dei droni
Il 27 e 28 ottobre si è tenuta a Manchester una riunione dei sindacati che aderiscono alla campagna Make Amazon Pay che dal 2020 promuove ogni anno una giornata globale di azione che coincide col Black Friday. Un’iniziativa nata per sensibilizzare l’opinione pubblica e i consumatori e fare pressione sui soggetti politici rispetto alle politiche da parte di Amazon in tutto il mondo.
Questo evento, organizzato da Uni Global (sindacato globale che organizza anche i lavoratori del commercio), ha visto la partecipazione di molti soggetti (politici, mondo dell’ambientalismo) e per la prima volta anche di Etf (la Federazione europea dei sindacati dei trasporti) e con essa della Filt Cgil a rappresentare la peculiarità della situazione Italiana. Siamo l’unico dei paesi che partecipano alla campagna ad avere un accordo generale con Amazon. Presente al summit anche Andrea Orlando, che da ministro del Lavoro svolto un’azione forte nella fase di conflitto con la multinazionale.
Tre sono i fattori che hanno portato all’accordo nel nostro paese. L’azione sindacale innanzitutto che, a partire dal forte insediamento nei driver che consegnano la merce e tenendo assieme i lavoratori della filiera in maniera solidale, ha permesso di arrivare a una serie di azioni di lotta culminiate con il primo grande sciopero nazionale della filiera Amazon del 22 marzo 2021. Parallelamente l’azione politica con il ministero del Lavoro il cui coinvolgimento è stato infatti decisivo. Andrea Orlando non è stato super partes ma anzi schierato a difesa di un sistema di relazioni industriali italiano che prevede sia la contrattazione collettiva che il riconoscimento della rappresentanza sindacale. Infine decisiva la scelta di Amazon in Italia. È evidente infatti che se quel gruppo dirigente non avesse scommesso sulla compatibilità tra la presenza del sindacato e il loro modello di e-commerce non saremmo qui a parlarne.
Tutto questo ha portato il 15 settembre 2021 alla firma di un protocollo di relazioni industriali con Amazon che, a partire dalla applicazione del contratto nazionale Merci e logistica, ha determinato, non senza grandi momenti di tensione e scioperi, una serie di accordi di merito sia per driver – riduzione di orario e limite alle domeniche per le consegne, aumenti salariali, premio di risultato, clausola sociale – che nei magazzini – in particolare su elementi di natura economica.
Ovviamente non tutto va bene. Rimangono criticità di merito sugli accordi, come il tema della stabilizzazione del lavoro nei magazzini e gli inquadramenti, ma anche questioni che guardano al futuro non solo di questa azienda. C’è il tema della cosiddetta contrattazione dell’algoritmo che determina i tempi di lavoro e gli obiettivi, cosi come le prospettive tecnologiche sia nei driver, (Amazon ha annunciato l’avvio della distribuzione con i droni), sia nei magazzini in cui un ulteriore upgrade della automazione potrebbe portare a un problema di natura occupazionale. A nostro parere, il punto dell’azione internazionale necessaria e possibile. Il modello di Amazon in Italia deve essere difeso perché, se crollasse, verrebbe meno l’idea che l’e-commerce sia compatibile con buoni rapporti sindacali e buone condizioni di lavoro con conseguenze non solo nel nostro paese. Il miglior modo per difenderlo è esportarlo a partire dai paesi europei. Si deve prendere atto che siamo di fronte a un sistema di distribuzione che non può essere combattuto ma che deve essere cambiato con l’obiettivo di trasformare i grandi risultati economici in buone condizioni di lavoro e in compatibilità con il territorio.
Su questo stiamo lavorando con Etf a partire da un coordinamento europeo su e- commerce e logistica nel quale elaborare strategie comuni. Un primo effetto è stato l’aver caratterizzato su questi lavoratori, le giornate mondiali per il Decent Work con una serie di mobilitazioni di questo settore in tutti i Paesi Europei. In Italia lo scorso 11 Ottobre. In quelle giornate si è fatto un primo tentativo non solo di sensibilizzazione delle istituzioni nazionali ed europee sulle nostre rivendicazioni (contenute in un “Manifesto per la Logistica”) ma anche di unificazione delle lotte su un piano sovranazionale. Una strada nella quale crediamo e che rappresenta il futuro per un sindacato che voglia confrontarsi con un capitale globalizzato.
* segretario generale Filt Cgil
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