Sole 24 ore, l’eterogenesi dei «fino»
Il recente uno-due (7 e 8 marzo) pubblicato dalle pagine del Sole24Ore rilancia la tenzone sull’intento di dare un quadro regolatorio nazionale al settore biologico, attualmente al passaggio di testimone […]
Il recente uno-due (7 e 8 marzo) pubblicato dalle pagine del Sole24Ore rilancia la tenzone sull’intento di dare un quadro regolatorio nazionale al settore biologico, attualmente al passaggio di testimone […]
Il recente uno-due (7 e 8 marzo) pubblicato dalle pagine del Sole24Ore rilancia la tenzone sull’intento di dare un quadro regolatorio nazionale al settore biologico, attualmente al passaggio di testimone tra Camera e Senato.
Prima un articolo che, prendendo spunto da un incontro promosso alla Camera per dibattere delle prospettive promettenti del settore, dava piuttosto conto della petizione al Senato volta a bloccare l’iter legislativo; poi un’intervista alla Senatrice a vita e ricercatrice Elena Cattaneo, capofila della restaurazione agrochimica. Entrambi gli articoli (in gergo giornalistico, delle ribattute) presentano un intero campionario di iperboli buone a sputtanare il biologico, quasi sempre ricorrendo al «fino» come metrica. Un fino che esplicita i mezzi. Nel primo pezzo, il bio presenta «fino al 70% in meno di resa», aumenta i prezzi «fino al 100%», «produce fino al 50% in meno» (meglio ribadire per i lettori distratti, peccato solo la mancanza di coerenza dei numeri).
Nel secondo, dove si offre l’upgrade a «scienziati» ai circa 400 firmatari della, mozione «biocida», indipendentemente che siano ricercatori, agricoltori o tecnici, la ricercatrice intervistata ritorna sui «prezzi fino al 100% superiori» del bio che «produce fino al 50% in meno richiedendo il doppio della terra» (da notare – tra l’altro – che il «fino a metà rese» si traduce tout court in un raddoppio di superficie, senza un filo di cautela). Poi, forse per questioni di stile, c’è anche un «almeno mezzo secolo» riferito alle «procedure» (sic) del bio e un «perfino» riferito al vero oltraggio di prevedere nella legge finanziamenti dedicati alla ricerca a vantaggio del settore. Enfasi presumibilmente da rispolverare in occasione delle audizioni al Senato per le quali la Senatrice Cattaneo annuncia di aver già preparato la lista degli invitati.
Ora, per l’eterogenesi dei fino, si potrebbe facilmente replicare che fino a 6.1 milioni di tonnellate di un pesticida ritenuto cancerogeno come il glifosate sono state usate tra il 2005 e il 2014, o che si è perduto fino a un terzo delle colonie di api tra Ue e Usa negli ultimi anni, senza arrivare fino a Bhopal dove lo sprigionarsi di una nube tossica di una produzione agrochimica ha ucciso 15.000 persone, secondo stime governative.
Però ricorrere a pari moneta e citare a spaglio numeri ed eventi non è rigoroso, per non dire scientifico, essendo mero storytelling, titillare emotività o infojare le curve da stadio. Fino a che punto spingere il confronto, allora? La raccolta di adesioni tra i «biocidi» sembra ormai superata da quella promossa tra gli altri dalla ex Preside della Facoltà di Agraria di Milano, professoressa Sorlini, in cui si sottolineano i meriti che la letteratura scientifica ascrive al biologico sotto diversi profili di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Documento utile a evidenziare come il divide non sia tra scienziati cartesianamente convinti della fallacia del bio, da una parte, e opportunisti di mercato e anime belle, dall’altra.
Un utile indicatore per comprendere come si tratti di un confronto tra distinte prospettive è offerto dai Partenariati Europei per l’Innovazione (Pei-Agri) dove una recente classificazione dei progetti di innovazione finanziati e attivati in tutta Europa vede l’agricoltura convenzionale in testa con il 28%, ma facendo i conti con il 34% di progetti che raggruppano percorsi omogenei quali biologico (20%), agroecologico (7%), agricoltura mista (4%) e agrosilvicoltura (3%), senza neanche contemplare l’agricoltura circolare o bioeconomica come fa il Pei-Agri arrivando a un più sostanzioso 53%. E l’innovazione può essere utile metro per annusare il futuro.
Visto che si sta palesemente scaldando l’arena in vista delle audizioni parlamentari sul Testo Unico per il biologico e del successivo voto, sarà bene capire fino a che punto si cercherà la bagarre per far naufragare o dirottare il provvedimento ed è bene che senatori della Repubblica si tengano pronti, perché al peggio non c’è mai fino.
* Segretario generale Firab – Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica
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