Andiamo per ordine. Anche perché solo l’idea di rimettere a posto, cioè per data, con regie e tutto il resto i Caroselli di Mina per la Barilla, datati 1965-1970, mi ha fatto uscire fuori di testa e riaperto files (mentali) vecchi e non in buono stato. Dopo due giorni di ricerche su/dentro/nelle mie scartoffie di appunti carosellistici, salvo scoprire che i dati che si trovano su internet sono quelli che io avevo scoperto più di 30 anni fa, non ho fatto luce piena, ma qualcosa di più lo so. Mina nel 1965, l’anno in cui inizia le celebri serie di canzoni per i Caroselli della Barilla, prende 800 mila lire a carosello. Non è il milione di lire che prendono Rita Pavone, Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. Ma prende più, diciamo, di Gino Cervi, Sylva Koscina, Lina Volonghi, Ubaldo Lay.
A Carosello deve molto, visto che proprio lì è stata scoperta nei primi mesi del 1959 dal vecchio maestro Giovanni D’Anzi per una serie di voci nuove dei Caroselli Atlantic presentati da lui in coppia con Silvio Noto e prodotti allora da Pino Peserico per la Cinetelevision. Me lo disse proprio Peserico come gloria milanese personale, anche se il carosello da allora è scomparso e Peserico buttò tutta la sua produzione già una trentina d’anni fa. Amen. Agli inizi del 1961 Mina esplose per una serie di Caroselli per il grissino Kim della Pasta Combattenti diretti da Guido Rosada dove era già una star cantando Una zebra a pois e Coriandoli. E venne subito messa sotto contratto dalla Unione Italiana della Birra nel 1962 e nel 1963 per ben quattro serie di caroselli, cioè oltre venti pezzi, ogni ciclo di caroselli prevedeva dai cinque ai sei filmati, prodotti dalla Recta Film di Roma, in parte diretti da Enzo Trapani (i migliori e i più moderni) e in parte da Vittorio Carpignano, uno dei proprietari della Recta Film, che li girerà tutti nei suoi studi sulla Flaminia, a due passi dalla odierna Saxa Rubra.
MA E’ SOLO nel 1965, con il contratto con la Barilla, che durerà ben cinque anni, che Mina diventa una vera star di Carosello e civetta col cinema. Perché l’idea di Mario Belli, il direttore artistico della CPV, l’agenzia che ideò le serie fino al 1969, era proprio di girarli come se fossero dei film, con grandi registi di cinema, come Valerio Zurlini, che ne girò tre serie, con Piero Gherardi come regista e art director, Duccio Tessari, registi di tv come Antonello Falqui e Enzo Trapani, direttori della fotografia come Tonino Delli Colli, Carlo Di Palma, Marcello Gatti, costumisti come Folco e lo stesso Gherardi, copy come Sergio Donati e Paolo Limiti, che allora lavorava alla CPV.
Ma al di là delle idee le serie funzionarono e sono ancora spettacolari sia per Mina, sia per nomi come Valerio Zurlini e, soprattutto, Piero Gherardi che la misero in scena. Fu Gherardi anzi, mi ha ricordato il suo assistente di allora, il costumista Gabriele Mayer, che materialmente realizzò i suoi abiti, a stabilire il nuovo look di Mina, il taglio delle sopracciglia, le parrucche. Gherardi, forse il più grande art director italiano di ogni tempo, quando incontrò Mina aveva già vinto due Oscar con i film di Federico Fellini, per 8 ½ e Giulietta degli spiriti.
Se il primo era forse il capolavoro di Fellini, il secondo era il suo primo film a colori e gli abiti di Gherardi, soprattutto quelli per Sandra Milo, e le sue scenografie era qualcosa di incredibile. Ovvio che i pubblicitari cercassero di accalappiarselo. Belli mi disse però che prima di Gherardi la scelta sua e della Barilla era stata proprio Fellini. Gli offrirono qualsiasi cosa per fare una serie di Caroselli con Mina. Ma Fellini aveva altro da pensare. Così passarono a Gherardi, il suo art director e forse qualcosa di più, visto che molte delle situazioni scenografiche e visive dei film di Fellini sono opera sua. Fu Fellini a far chiamare Gherardi? Chissà? A quel tempo, parliamo della metà del 1966, Fellini e Gherardi avevano litigato e rotto pesantemente. Sul film maledetto di Fellini, Il viaggio di G. Mastorna, il film che non voleva fare più. Nello stesso film ci sarebbe stato non solo un ruolo per Mina, ma addirittura tre, a cominciare da quello della hostess Beatrice che accompagna in volo il protagonista Marcello Mastroianni. Fellini adorava Mina e a più riprese aveva sognato di inserirla in un film. Sarebbe stato perfetto per lei.
QUANDO Fellini decise di abbandonare il progetto la prima volta, perché poi lo riprese e lo abbandonò una seconda volta, perse anche il suo braccio destro di sempre, Piero Gherardi, che non tornò più a lavorare con lui, malgrado gli Oscar e l’amicizia. Al punto che per Mastorna decise di chiamare come scenografo Pier Luigi Pizzi. Gabriele Mayer, che lavorò come assistente ai costumi alle due serie di caroselli di Mina per la Barilla diretti da Gherardi, e fotografati da Carlo Di Palma che andarono in onda nell’autunno del 1966 (quinto ciclo) e nei primi mesi del 1967 (primo ciclo), ricorda bene che Gherardi utilizzò tutte le ambientazioni che aveva studiato e ricercato per il Mastorna come scenografie delle canzoni di Mina. I suoi abiti meravigliosi, le parrucche e il trucco, erano invece del tutto nuovi, realizzati proprio da Gabriele. Dieci canzoni per dieci caroselli, anche se ne andarono in onda solo nove, perché in un filmato si vedeva un seno di Mina e nessuno se ne era accorto. Ma la cosa non sfuggì alla censura della Sacis, la società che acquistava pubblicità per la Rai. I caroselli di Gherardi con Mina rimangono oggi qualcosa di incredibile rispetto anche ai pur alti livelli del programma.
Di solito però, i registi di cinema e i grandi direttori della fotografia, non funzionavano bene nel gradimento del pubblico come i professionisti del settore. Ma la serie di Gherardi funzionò benissimo, al punto che anche Valerio Zurlini, che aveva diretto la prima serie del 1965, ne girò un’altra nel 1970, con Tonino Delli Colli che osava qualcosa di nuovo, come inserire opere d’arte, Burri, Ceroli, Schifano, come sfondo scenografico per le canzoni di Mina. E, anche se non era Fellini, un buon regista come Duccio Tessari la volle come attrice e cantante nel suo buffo musicarello favolistico felliniano e poco riuscito Per amore… per magia, girato e uscito nel 1967, dove è la buffa strega Alchesade. Da parte sua, Fellini, torna sul set del Mastorna con il produttore Alberto Grimaldi al posto di Dino De Laurentiis e, in data 13 giugno 1968, afferma che tra le attrici ci saranno Daniela Bianchi, ex-Bond Girl, la giovane Delia Boccardo e Mina in ben tre personaggi diversi. Troppa grazia. Ma il 13 agosto dello stesso anno Fellini dà l’addio per sempre al Mastorna, ma pensa di nuovo a Mina per il suo Satyricon che doveva iniziare a girare alla fine del 1968. Mina avrebbe dovuto interpretare «la bella principessa berbera dalla chioma bruciata condotta schiava nell’Urbe navigando su una zattera popolata di mostri» (parole di Fellini).
UNA SCENA che avrà come commento una canzone scritta appositamente dai Beatles. Mica male! Che ci sia un po’ di sfida alla Mina di Gherardi in questa idea? Chissà… Quando inizia a girare il film, nell’autunno del 1968, però Mina non c’è. E quando Walter Chiari e Mina a Canzonissima si collegano col suo set, Fellini le parla con un po’ di imbarazzo, ancora pronto a farle fare chissà cosa. Alla fine questo incontro mancato tra Fellini e Mina ha prodotto qualche disegnino e qualche sogno felliniano, e la bellissima serie di Gherardi. Ma soprattutto ha cambiato un po’ il personaggio Mina, diventata qualcosa di diverso dalla Mina che conoscevamo prima, dalla Mina della Bussola e di Canzonissima. È diventata una creatura cinematografica di un immaginario felliniano/gherardiano. Forse l’ultima.