Cultura

Sogni di carta da indossare

Sogni di carta da indossareDalla mostra «Generation Paper. A Fashion Phenom of the 1960s» – Foto di Manuela De Leonardis

Mostre Al Mad di New York, la rassegna «Generation Paper. A Fashion Phenom of the 1960s» dedicata alle creazioni di abiti con materiali sintetici e usa e getta che spopolò nell'America di quegli anni

Pubblicato circa un anno faEdizione del 15 agosto 2023

Nel 1966 viene pubblicato a Pechino il Libretto Rosso di Mao Tse-tung, il «menestrello di Duluth» è alle prese con il Bob Dylan World Tour 1966 mentre i Beatles fanno la loro ultima tournée nordamericana, Simon & Gurfunkel registrano l’album The sound of silence, nello stesso momento in Italia Caterina Caselli canta Nessuno mi può giudicare, esce nelle sale cinematografiche Blow-Up di Michelangelo Antonioni e Twiggy è per il Daily Express «The Face of 1966».
In questo anno straordinariamente creativo, la Scott Paper Company lancia sul mercato il «paper dress», l’abito di carta. L’idea di grande appeal per la mentalità americana è quella dell’offerta promozionale: due vestiti al prezzo di uno. Il modello base è il trapezio, svasato arriva al ginocchio è pratico, comodo e divertente nelle sue combinazioni di vivacissimi pattern op, floreali o etnici dai colori acidi che sprizzano vitalità. La novità è il materiale usato, il «dura-wave» (brevettato nel 1958) realizzato con fibre simili alla carta come il rayon (fibra di cellulosa), poliestere e altri materiali sintetici.

Installation view, Generation Paper. A Fashion Phenom of the 1960s (Ph Manuela De Leonardis)

IL SUCCESSO È IMMEDIATO: alla fine del 1966 le vendite di indumenti usa e getta, soprattutto femminili da indossare nella quotidianità ma anche abiti da cocktail e da sera, caftani, bikini e coordinati per il mare, camice da uomo, scamiciate per bambine e pantaloncini per bambini, superano un fatturato di 3,5 milioni di dollari.
A raccontare questa breve parentesi nella storia della moda (durata meno di un decennio) è la mostra Generation Paper: A Fashion Phenom of the 1960s al Mad, Museum of arts and design di New York (fino al 27 agosto), organizzata dal Phoenix Art Museum che nel 2022 ha ospitato la tappa inaugurale e, grazie alle donazioni di Kelly Ellman e di Gail e Stephen Rineberg, possiede la più importante raccolta di abiti di carta degli Stati uniti. Nel video clip di una manciata di minuti del popolare show dell’emittente radiotelevisiva Cbs I’ve Got a Secret vediamo l’attrice Arlene Dahl all’annuale Paper Ball del Wadsworth Atheneum, il 22 ottobre 1966: indossa un costosissimo abito lungo di carta disegnato dal visionario stilista Tzaims Luksus e tra le giovani modelle anche Mary Ann con un abito senza maniche dalla fantasia «africana».

Qui accanto, Hallmark, «Floresence» Romper, 1967 c. © Phoenix Art Museum foto di Airi Katsuta

L’IRONIA in bianco e nero del conduttore è piuttosto esplicita: attenzione alle bevande versate per sbaglio o alle sigarette accese per non mandare in fumo centinaia di dollari! Anche la pioggia è un potenziale nemico, ma vale più la pena sfidare gli agenti atmosferici o la banalità? La «generation paper» a cui fa riferimento questa mostra deliziosa è anche quella del «flower power» che intona il ritornello The answer, my friend, is blowin’ in the wind/ The answer is blowin’ in the wind. Non è un caso che l’iconico volto di Bob Dylan occupi l’intero lato anteriore di un capo della serie Poster Dresses che il grafico Harry Gordon realizzò tra il ’67 e ’68 (venivano venduti per 3 dollari) serigrafando la superficie di carta e rayon. In mostra anche altri due pezzi: Uptown, NY Dress e Mystic Eye Dress.

NATURALMENTE Andy Warhol non si lasciò sfuggire l’occasione per riproporre la sua zuppa in scatola Campbell anche in versione fashion, firmando il modello Paper Souper Dress (1966-67). C’erano anche altre pubblicità che avevano scelto di essere veicolate dall’abito di carta: giallo con la scritta azzurra quello della Butterfinger, nota marca di barrette di cioccolato, mentre la Hallmark dei biglietti d’auguri lanciava coloratissimi Paper Party Dress di cellulosa e cotone dal titolo Holly o Confetti. Anche la linea «newspaper» fa la sua comparsa insieme alla marca Mars of Asheville che arriva a vendere 80mila abiti a settimana e nel 1967 collabora con la 20th Century Fox alla realizzazione di un abito in kaycel (tela di nylon e fibra di cellulosa, un materiale usato prevalentemente in ambito ospedaliero per i camici) con l’elenco dei progetti in corso di realizzazione come i film Che!, Hello, Dolly!, Myra Breckinridge. L’entusiasmo per questo «tessuto del futuro» è tanto da farlo scegliere da diverse compagnie aeree (tra cui Twa, British Air e Air India) addirittura per le divise di hostess e steward. In realtà quegli abiti di carta non erano così pratici e decisamente meno confortevoli delle aspettative, forse è per questo che sono volati via velocemente insieme a quel periodo breve ma intenso che ci ha insegnato a sognare.

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