Visioni

Sogni ad occhi aperti per Sampha. Lo spirito sempre libero del soul

Sogni ad occhi aperti per Sampha. Lo spirito sempre libero del soulSampha – foto di Jesse Crankson

Note sparse Secondo album per l’artista londinese: «Lahai» è un distillato di ritmi, suoni acustici ed elettronica

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 25 ottobre 2023

C’è chi il successo lo cerca ad ogni costo e senza risparmiarsi e chi invece – una volta raggiunto – per non farsi soffocare, fa un passo indietro. Auto limitandosi. Sampha Lahai Sisay, artista londinese, il successo l’ha toccato con mano sei anni fa. La sua voce calda e la ricerca musicale in cui mescola senza soluzioni di continuità suoni acustici ed elettronica, soul e pop, Africa e sperimentazione le è valso un Mercury Prize per il lavoro d’esordio Process (un progetto in cui esorcizzava la morte della madre) e una venerazione – da parte dei fan – che rasenta il culto.
Lahai – il nuovo album uscito in questi giorni – è ancora un passo in avanti in una sorta di viaggio di autoesplorazione spirituale, scoperta generazionale – in questi anni è diventato anche padre di una bimba. E tanto per rendere l’idea, l’album si accompagna a un cortometraggio, la sua prima regia dal titolo Lahai: Time Travels Memories, scritto da lui stesso e co-diretto con il regista Caleb Femi.

Le tracce si accompagnano a un cortometraggio, la sua prima regia in collaborazione con Caleb Femi

SUONI LIQUIDI, immagini sgranate alternati a colori vividi che si inseguono fino al risveglio di Sampha – anche protagonista del corto: «Ricordo ancora – spiega, quando ho ascoltato per la prima volta Worotan di Oumou Sangare (il secondo album della cantante maliana edito nel 1996, ndr), di quanto mi sia sembrato fresco e la profonda sensazione di trasporto spirituale che ho provato. Sembrava qualcosa che avevo sentito in un’altra vita. Pensando a questo e al filo che mi lega al funk, alla jungle, al grime e alla musica classica minimale…tutti questi suoni hanno influenzato questo album. Ho sognato ad occhi aperti l’idea che c’è alla base del film della connessione con il sé e con l’aldilà. Cercare di trovare un punto di riferimento nel tempo e nello spazio come e cosa porto con me e come sono stato portato. Ricordi, relazioni e sogni… Ho sempre voluto fare cinema e questo è il mio primo viaggio».

DIECI ANNI di carriera, tante collaborazioni, produzioni per terzi impeccabili, nel nuovo disco mescola con discrezione il vecchio soul con elettronica, violini, percussioni. Costruzioni che suonano fluide ma sono in realtà frutto di una complessa costruzione che non suona affatto come artificio: basta ascoltare Sampha esibirsi unplugged per solo pianoforte e voce per comprendere quanto forte sia l’ispirazione che determina la qualità delle sue composizioni. Biglietto da visita di questo lussureggiante disco fatto di suoni e colori, Stereo Colour Cloud (Shaman’s Dream) e ancor più esplicativo Sampha suona in Spirit 2.0 con Yussef Dayes alla batteria. Si chiude con il beat sinuoso di Rose Tint che si interrompe all’improvviso su un battito in levare, costringendo l’ascoltatore incantato a (ri) programmare dall’inizio e in un loop infinito il disco…

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