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Sócrates, colpo di tacco con la testa

Sócrates, colpo di tacco con la testaSócrates e Zico

Futebol Storia di un fuoriclasse rivoluzionario, che infuse coraggio a chi sapeva solo dire sì

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 7 giugno 2014

Il padre di Sócrates era un tipo strano, un ferroviere che, prossima la nascita del suo primogenito, non cercò il nome sul calendario, ma consultò l’opera di Platone Repubblica e si imbattè nel nome del filosofo greco Socrate. Per il nome del figlio aggiunse la «s» in modo da dare un tocco brasiliano. Ancor più strano è stato il figlio, che al provino per essere accolto nelle file delle giovanili del Botafogo, contrariamente a quanto gli aveva indicato l’allenatore, di stare in area e coprire il ruolo di attaccante, lui stava fuori dall’area di rigore e andava incontro ai difensori per prendere la palla e calciarla in avanti al millimetro. Come osava quel riccioluto spilungone tredicenne contravvenire alle rigide indicazioni dell’allenatore, che doveva decidere se prenderlo o meno? Il mister incrociò le braccia e stette a guardare quel ragazzino alto e scheletrico, chiamato dai compagni Magrão, incantato dalle galoppate, dalla visione di gioco e dai passaggi geometrici che effettuava.

Ancora più strano fu quando, innanzi ai dirigenti della prima squadra del Botafogo che volevano offrire un contratto da professionista e un ruolo da protagonista nella serie A brasiliana, padre e figlio dissero che la priorità erano gli studi di medicina, che Sócrates aveva intrapreso. Affascinato dalla biografia del Che, anch’egli voleva fare il medico, perché, ripeteva ai suoi compagni di gioco, voleva rendersi utile alla società brasiliana. L’occasione che offriva il Botafogo, poteva tornare utile per pagarsi le sigarette e da bere, nullaltro, dissero padre e figlio a quei dirigenti stupiti. Sócrates era disponibile a giocare in prima squadra, ma poteva allenarsi una volta alla settimana, il tempo era da dedicare ai libri di medicina, prendere o lasciare.

Quel calciatore che si allenava poco e faceva grandi giocate, colpiva la palla di tacco e la faceva viaggiare verso i compagni, destò l’attenzione del Corinthians, squadra di San Paolo, che lo acquistò. Qui il Doutor, come veniva chiamato Sócrates dai tifosi e anche dai compagni di squadra, si rese protagonista del più rivoluzionario processo che mai abbia coinvolto una squadra di calcio ai massimi livelli, quello conosciuto come la Democrazia Corinthiana, un processo che rese i giocatori liberi e consapevoli di decidere la tattica, gli orari e i tipi di allenamenti, l’alimentazione, l’acquisto dei calciatori che dovevano rinforzare la rosa, votavano tutti dal presidente al magazziniere.

Un processo rivoluzionario nel Brasile in mano ai militari golpisti, verso i quali Sócrates nutriva poca simpatia, e che portò la squadra a vincere il massimo campionato brasiliano. Sócrates dette coraggio a chi era abituato solo a obbedire. Lorenzo Iervolino, ha percorso tutte le tappe dell’ex capitano della nazionale brasiliana nel libro Un giorno triste così felice. Socrates, viaggio nella vita di un rivoluzionario (66tha2nd, euro 17), che racconta anche l’esperienza alla Fiorentina di Sócrates, un calciatore avvezzo a leggere Gramsci, più che a frequentare veline.

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