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Snowden, gioco di forza Usa-Russia

Snowden, gioco di forza Usa-RussiaEdward Snowden in conferenza stampa all'aeroporto di Mosca – Reuters

Datagate La talpa del datagate chiede asilo temporaneo a Mosca. Il Cremlino pone una contropartita: solo se non danneggerà ancora gli Stati Uniti. Ma Washington minaccia «a rischio le relazioni tra i due paesi». Obama chiama Putin

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 13 luglio 2013

Gran movimento, ieri, al terminal Sheremetievo. L’ex consulente Cia Edward Showden, che staziona all’aeroporto moscovita dal 23 giugno, ha chiesto asilo alla Russia. Lo ha pubblicamente confermato nel corso di una conferenza stampa organizzata in una sala dell’aeroporto con alcuni avvocati, ong internazionali come Amnesty, Transparency, Human Rights Watch, e con personalità russe.
Un asilo condizionato, perché il Cremlino rimane fermo nel porre una contropartita: la talpa del datagate, che sta facendo pubblicare valanghe di documenti sul gigantesco scandalo di intercettazioni illegali messo in atto dagli Usa anche nei confronti dei suoi alleati, non deve più «arrecare danno agli Stati uniti». Una posizione già espressa nei giorni scorsi e che aveva portato Snowden a ritirare la sua richiesta di asilo. Ciononostante le proteste di Washington non si sono fatte attendere. In serata è scesa in campo direttamente la Casa Bianca. «Gli Usa stanno lavorando con la Russia sullo status di Edward Snowden. Non c’è giustificazione per garantirgli l’asilo», ha detto il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, annunciando una telefonata di Obama a Putin. Mentre il dipartimento di Stato Usa senza mezzi termini ha di fatto intimato alla Russia di non concedere l’asilo, altrimenti «nascerebbero problemi» nelle relazioni tra Washington e Mosca.

[do action=”quote” autore=”Edward Snowden”]«Contro di me campagna illegale Usa. Sono pronto ad andare in Sudamerica»[/do]

La richiesta formalizzata ieri da Snowden è di asilo momentaneo, in attesa che si creino le condizioni per raggiungere uno dei tre paesi dell’America latina disposti ad accoglierle l’ex tecnico della Nsa: il Venezuela – che ha più volte ribadito la propria disponibilità, incurante delle pressioni Usa – ma anche il Nicaragua e la Bolivia. Il problema, infatti, è come arrivare a destinazione. Tra Mosca e Caracas non esistono scali diretti, si deve passare per Cuba: un paese che sostiene le decisioni prese dai tre paesi latinoamericani, ma che da oltre cinquant’anni è bersaglio di ingerenze di ogni tipo da parte Usa. E anche durante il viaggio potrebbe succedere di tutto. Ne sa qualcosa il presidente boliviano Evo Morales. Di ritorno da Mosca dove aveva presenziato al vertice dei paesi produttori di gas naturale, il «primo presidente indigeno» è stato obbligato ad atterrare a Vienna, e a rimanerci per 11 ore, in spregio alle norme del diritto internazionale: perché alcuni paesi europei (Francia, Spagna, Portogallo e Italia) gli avevano negato il permesso di sorvolare il proprio spazio aereo su pressione degli Usa. Ne è seguito un caso diplomatico internazionale, ancora in pieno corso. A Montevideo, durante il vertice del Mercosur, il ministro degli Esteri argentino Héctor Timerman, benché il suo paese non sia fra quelli disposti ad accogliere Snowden, ha detto che difendere l’asilo politico per tutti, e per Snowden in particolare, e difendere Morales dall’abuso subito «sono tre punti irrinunciabili».

Sull’affronto a Morales è intervenuto anche Snowden: «Mai, prima, gli Stati uniti hanno brigato per obbligare l’aereo di un presidente ad atterrare per perquisirlo alla ricerca di un rifugiato politico. Minacce di una gravità senza precedenti», ha scritto la talpa dicendosi pronto ad andare in America latina per ringraziare «uno per uno» i presidenti che hanno manifestato la volontà di accoglierlo e che lo hanno sostenuto. Ha detto anche che scriverà a Obama.

Perché Snowden possa partire – hanno sostenuto gli avvocati presenti a Sheremetievo – ci vorranno però ancora settimane. E forse, una delle possibilità per evitare qualche colpo basso degli Usa, sarebbe quella di far viaggiare con Snowden una delegazione di accompagnatori internazionali. Molte personalità – intellettuali, artisti e uomini politici di tutto il mondo – hanno firmato petizioni per chiedere agli Stati uniti di lasciar andare «l’eroe».

Intanto, con l’entrata in campo delle ong umanitarie e dell’Onu, sembra si sia aperta quella che il sito Wikileaks ha chiamato la prima fase «della campagna Volo per la libertà» di Snowden. Un annuncio che l’altroieri sembrava avallare la notizia, rimbalzata sui media, che la talpa fosse già in volo per l’Avana. Se per Snowden si aprisse una strada, potrebbe passare da lì anche Julian Assange. Il fondatore di Wikileaks ha ottenuto asilo in Ecuador, ma da un anno è imbottigliato nell’ambasciata ecuadoregna a Londra, perché la Gran Bretagna lo vuole estradare.

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