Lavoro

Smith Bits, 193 appesi a un filo

Smith Bits, 193 appesi a un filoLo striscione operaio della Smith Bits

Multinazionali Dopo l'annuncio della chiusura della fabbrica, il management "mette in libertà" i lavoratori, come ritorsione al blocco delle merci in uscita deciso dall'assemblea permanente: "Se ritirano la procedura di mobilità - avverte la Rsu - siamo pronti anche noi a fare un passo indietro. Ma devono presentare un piano industriale credibile".

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 14 giugno 2015
Riccardo ChiariVOLTERRA (PI)

Ora sono appesi a un filo i 193 lavoratori della Smith Bits, dopo che il management aziendale ha deciso la loro “messa in libertà”. Una mossa giudicata da tutti come una ritorsione, dopo che l’assemblea permanente aveva votato il blocco delle merci in uscita. L’ennesima forma di protesta contro la messa in mobilità “per cessazione di attività” decisa dai vertici della multinazionale Schlumberger, che controlla la storica fabbrica di Saline di Volterra.
Alla Smith Bits si realizzano scalpelli per le perforazioni petrolifere. Una realtà industriale avanzata, dove fino allo scorso anno si lavorava su tre turni e con gli straordinari, per rispondere alle richieste di committenti di ogni parte del pianeta. Anche per questo il gruppo Schlumberger aveva acquistato cinque anni fa la Smith Bits e le altre aziende targate Smith, pagando oltre 11 miliardi di dollari. Un prezzo considerato eccessivo, ma che permetteva alla multinazionale Schlumberger di confermarsi leader mondiale nell’industria petrolifera.
“L’azienda non è reduce da un percorso disastrato – riepiloga il segretario toscano della Fiom, Massimo Braccini – nello stabilimento vengono prodotti scalpelli tri-conici di alto valore per la perforazione del suolo. E la giustificazione aziendale della discesa del prezzo del petrolio e della diminuzione delle trivellazioni, seppur riscontrabile, non è tale da determinare una mancata ripresa del settore. Per giunta questo stabilimento si è sempre contraddistinto, anche nel gruppo, per il valore aggiunto e l’alta professionalità dei lavoratori e dei prodotti”.
Al presidio ai cancelli della fabbrica, animato da giorni senza soluzione di continuità, gli operai ricordano che, da quando è arrivata, la multinazionale non ha investito un solo dollaro. Poi segnalano che la mossa dei vertici della Schlumberger appare legata più al calo delle quotazioni azionarie che alla diminuzione dei volumi produttivi. “Siamo disposti ad allentare il blocco solo a fronte del ritiro della mobilità – avvertono Andrea Pagni e Luciano Soldi della Rsu – perché questa spada di damocle condiziona l’intera vertenza. E i lavoratori hanno scelto di andare fino in fondo. Anche a costo di rimetterci lo stipendio”.
Le ultime cattive notizie rischiano di far precipitare la situazione: “Siamo al paradosso procedurale – osserva Braccini – con i lavoratori in una procedura di mobilità per cessazione di attività che poi vengono messi anche in libertà. Invece l’azienda deve presentare un concreto piano industriale che dia prospettiva”. Sulla stessa linea il presidente toscano Enrico Rossi: “All’azienda non conviene perdere un sito in grado di servire metà del mercato mondiale, avendo in prospettiva la ripresa delle esplorazioni petrolifere e per il gas anche al largo delle coste italiane, o da parte dei suoi clienti nel nord Africa e nel Medio Oriente”.
La messa in libertà (in fabbrica sono rimasti solo una decina di impiegati amministrativi) rischia di far saltare anche i prossimi appuntamenti fissati al Mise e alla Confindustria di Pisa. Nel mentre tutti i sindaci della Valdicecina, con in testa il volterrano Mauro Buselli, arrivano periodicamente in visita al presidio operaio, per una vertenza che si indurisce ogni giorno che passa. Anche il vescovo di Volterra si è attivato, con una comunicazione alla segreteria di Stato del Vaticano e la richiesta di un intervento di papa Francesco. A stretto giro di posta la risposta, con il suggerimento ai lavoratori di andare direttamente a Roma per essere ricevuti da Jorge Bergoglio.

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