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Sistema sanitario, una legge uguale per tutti

L'intervento Il sindacato confederale, quantomeno la Cgil, già un anno fa, in occasione dei referendum consultivi, criticò l’impostazione politica e culturale sottesa alla richiesta di maggiore autonomia operata dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 5 ottobre 2018

Con riferimento all’articolo «Sanità, una legge leghista contro il servizio nazionale», pubblicato su questo giornale il 2 ottobre scorso, a firma di Ivan Cavicchi, ci preme ricordare che il sindacato confederale, quantomeno la Cgil, già un anno fa, in occasione dei referendum consultivi, criticò l’impostazione politica e culturale sottesa, in particolare, alla richiesta di maggiore autonomia operata dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia (Odg approvato dal direttivo nazionale, 3 ottobre 2017).

Nei mesi successivi la Cgil ha seguito con attenzione il proseguimento della trattativa, sottolineando tutte le criticità di un percorso che può mettere in discussione l’unità del sistema Paese e si rallegra che si stia allargando il fronte di chi ritiene pericolose le conseguenze che l’attuazione dell’art. 116 terzo comma, per come si sta realizzando, potrebbero generare per l’unitarietà del Sistema Sanitario Nazionale e per la garanzia del diritto alla salute come diritto universale.

Ci preme, inoltre, sottolineare che a fronte del procedere della trattativa tra Governo e Regioni (il cui numero è nel corso dei mesi esponenzialmente aumentato), sia necessario esprimere totale avversione per una procedura che, per le modalità con cui oggi si sta attuando, provocherà una disarticolazione del sistema Paese non solo in ambito sanitario, ma nell’esigibilità di tutti i diritti civili e sociali che la nostra Costituzione individua come fondamentali.

Non è in gioco solo l’unità del Sistema Sanitario Nazionale, ma anche quella del sistema di istruzione, delle politiche del lavoro, della tutela ambientale e dei beni culturali. È in gioco, insomma, l’eguaglianza di tutti i cittadini della Repubblica.

L’11 settembre scorso, la Segreteria Confederale della Cgil ha redatto un documento in merito alla necessità di varare prioritariamente una legislazione atta a garantire l’uniformità dei diritti civili e sociali su tutto il territorio – ancora drammaticamente insufficiente – prima di concedere ulteriori forme di autonomia a qualsivoglia Regione.

Nel documento abbiamo espresso preoccupazione per la volontà politica del Governo di accelerare nell’attuazione delle procedure avviate dalla Regione Veneto, e a seguire Lombardia ed Emilia Romagna, in materia di autonomia differenziata e per il coinvolgimento, seppur con intensità e modalità ad oggi differenti, di ulteriori dieci Regioni a statuto ordinario.

Pur sostenendo da sempre la necessità di un sistema istituzionale decentrato riteniamo, infatti, che sia prioritario garantire l’unità del sistema Paese e l’esigibilità dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale. Per questo ribadiamo l’assoluta contrarietà all’idea sottesa a queste iniziative, secondo cui l’efficienza, il benessere, gli stessi diritti fondamentali siano un bene limitato e non che la loro estensione sia una condizione di sviluppo necessaria per tutti. Inoltre riteniamo sbagliato pensare che problematiche comuni a tutto il Paese siano affrontabili con la ‘regionalizzazione’ della rivendicazione, e che il decentramento e l’autonomia siano strumenti da utilizzare per cristallizzare, se non incrementare, le disuguaglianze tra territori invece che per ridurle.

La Cgil, dunque, è impegnata in un percorso di iniziativa e di confronto con tutti i soggetti istituzionali, finalizzato a far sì che non sia attuato nessun riconoscimento di maggiore autonomia in assenza di una legislazione nazionale che garantisca l’uniformità dei diritti civili e sociali; e che sia definita una legge quadro con i criteri da adottare per l’attribuzione delle ulteriori risorse e delle funzioni.

Inoltre, chiediamo il rispetto del dettato costituzionale, che prevede il coinvolgimento del Parlamento, e che non si dia seguito a improprie procedure di delegazione legislativa che demandino al Governo o a Commissioni di dubbia legittimità la definizione dei termini delle intese.

La Conferenza delle Regioni deve assumere un ruolo di coordinamento e un orientamento comune in questo processo, e le parti sociali devono essere coinvolte a livello regionale e nazionale.

* Segretaria confederale Cgil nazionale

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