Sistema sanitario indebolito e impreparato di fronte al virus
Sardegna La pandemia mette allo scoperto la fragilità del sistema sanitario pubblico, indebolito da decenni di tagli e da scelte che hanno privilegiato di fatto la medicina privata
Sardegna La pandemia mette allo scoperto la fragilità del sistema sanitario pubblico, indebolito da decenni di tagli e da scelte che hanno privilegiato di fatto la medicina privata
In Sardegna la pandemia mette allo scoperto la fragilità del sistema sanitario pubblico, indebolito da decenni di tagli e da scelte che hanno privilegiato di fatto la medicina privata (il caso più clamoroso è l’ospedale Mater Olbiae in Gallura, di proprietà di un fondo del Qatar, nato sotto i buoni auspici della giunta regionale di centrosinistra guidata da Francesco Pigliaru e poi coperto d’oro dall’attuale maggioranza di centrodestra capeggiata da Christian Solinas).
Le disfunzioni sono tante e clamorose. Il caso più recente l’altro ieri a Sassari. Un’infermiera di uno dei due hub vaccinali attivi nel capoluogo del Nord Sardegna, stressata per il superlavoro, ha infilato l’ago dentro il flacone di Moderna e invece che aspirare il liquido ha riempito la siringa di aria. Così diciotto utenti al posto di una dose di vaccino hanno ricevuto un’iniezione di aria. Niente di grave, nessun pericolo con un’intramuscolo, però per tutti i diciotto utenti dell’hub lo stupore di essere contattati dall’Ats con l’invito a ripresentarsi al centro vaccini per ripetere l’inoculazione.
Pochi giorni prima, sempre a Sassari, un caso più serio, per il quale c’è stata un’interrogazione parlamentare seguita da un’ispezione ministeriale ed è in corso un’indagine conoscitiva della procura della Repubblica. Alessia, una ragazza di 25 anni alla quinta settimana di gravidanza, respinta sabato scorso al pronto soccorso del reparto di ginecologia delle cliniche universitarie perché non aveva fatto il tampone per il Covid, ha perso il bambino. Ha abortito nel parcheggio delle cliniche, assistita soltanto dal marito Enzo, che l’aveva accompagnata in ospedale perché la ragazza accusava dolori lancinanti all’addome. «L’ostetrica di turno in accettazione – ha raccontato l’uomo – dopo aver sentito un medico ci ha spiegato che per entrare mia moglie avrebbe dovuto fare un tampone molecolare. Il test però, ci ha detto l’ostetrica, in quel momento non era disponibile. E ci ha invitati a tornare lunedì». Alessia è vaccinata con due dosi e ha già prenotato la terza. Di recente, però, non aveva fatto alcun tampone Covid. «Mia moglie – ha raccontato Enzo – ha abortito tra spasmi addominali atroci. Ci hanno mandati a casa senza nessuna visita, soltanto il consiglio di prendere una tachipirina per i dolori».
Un altro episodio sconcertante è accaduto a Oristano. Quattro pazienti positivi al Covid ricoverati al pronto soccorso del San Martino sono morti tra sabato, domenica e lunedì scorsi, in attesa che si liberassero posti letto in una delle terapie intensive degli ospedali sardi. Tre interminabili giorni trascorsi in un pronto soccorso da pazienti gravi, morti perché in nessuna struttura sanitaria sarda è stato possibile trovare posti in terapia intensiva. E l’indice chiarissimo di quanto il sistema sanitario della Sardegna, di fronte all’emergenza Covid, sia mal gestito.
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